venerdì 20 febbraio 2009

"Mentre mi sfregiava diceva: ti amo troppo"


LA COMMISSIONE Giustizia del Senato si sta occupando di una proposta di legge, già passata alla Camera, che vuole introdurre nel nostro ordinamento il reato di "atti persecutori". Nel mondo anglosassone lo chiamano "stalking" ed è punito già da tempo severamente. Si tratta di un reato molto diffuso (per l'Istat le vittime in Italia superano i due milioni e mezzo) e che colpisce soprattutto le donne, tormentate, a volte fino a conseguenze tragiche, da spasimanti, ex mariti, ex fidanzati e mitomani. Ma ancora oggi l'unica arma per difendersi è una denuncia per molestie, con un deterrente ridicolo: 6 mesi come massima pena. Questo libro, "Rose al veleno, Stalking, storie di amore e d'odio" fa parlare le persone che quelle ossessioni le hanno vissute davvero. Ecco alcuni brani.

O io o lui
"Ho amato mio marito, l'ho amato con tutte le mie forze, e credo che anche lui abbia amato me. Eppure l'ho ucciso, per non morire (...). Ecco, questo è l'assurdo, la vera malattia. Io non ho ucciso l'uomo che amavo ma quello che mi perseguitava, quello che mi metteva le mani attorno al collo per strozzarmi salvo poi chiedermi scusa, quello che minacciava di morte chiunque incontrassi, quello che controllava ogni mio passo, ogni mio fiato, quello che mi seguiva di nascosto, quello che mi mandava appresso due "bravi" per sorvegliarmi, quello che mi ha mandato in ospedale a suon di botte, quello che mi ha violentato, quello che ho denunciato per tentativo di omicidio, quello che il tribunale ha poi diffidato dall'incontrarmi ancora, dall'avvicinarmi, dal darmi altro tormento... Oggi persone così le chiamano stalker, un nome importato dall'America. Le poverette come me invece si chiamano sempre allo stesso modo: vittime. Nel mio caso è tutto più complicato: io sono una vittima che ha ucciso il suo persecutore".

Lo stalker
"La spiavo, sì. Ma lo facevo per il suo bene. Quel ragazzo per lei era pericoloso, temevo volesse farle del male. Uno che costringe una donna a mandare una mail del genere all'uomo che ama, può diventare pericoloso. E io avevo il dovere di difenderla. Vedendola da lontano, quando ero appostato, dava l'impressione di essere abbastanza serena. Ogni tanto rientrava con un'amica. Qualche volta il fidanzato (o il presunto tale, ossia quello che io ritenevo essere il fidanzato) la accompagnava su. Cronometravo il tempo che trascorrevano insieme: potevano passare due ore prima che lui scendesse, altre volte pochi minuti. 'Maiale - pensavo quando la visita si protraeva - la starai costringendo a fare l'amore con te. Certo non immagini che lei è me che vuole, che viene a letto con te ma intanto immagina che sia io a sfiorarla'. E anche io me lo immaginavo".

Sfregiata
"Ho cinquantasette punti nel viso. Me li procurò Gianfranco, con un taglierino da calzolaio, sotto i portici di piazza Augusto Imperatore, nel cuore di Roma. Tornavo dal lavoro e lui s'era messo in agguato dietro a una colonna (...). Finii all'ospedale San Giacomo con la faccia aperta dai colpi della lama. Una donna di 50 anni distrutta, finita. Lui voleva che tornassimo insieme. 'Ti amo troppoi mi diceva. Me lo disse anche mentre ero a terra, con le mani sul volto insanguinato, e urlavo come una pazza, terrorizzata, nel buio. Ricordo la sua presenza accanto a me, in ginocchio: 'Emma, io t'amo. Scusa, l'ho fatto perché t'amo'. Però poi, quando sentì che arrivava gente scappò. Vigliacco. Già una volta aveva provato a strozzarmi. L'avevo anche denunciato: tentato omicidio".

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