venerdì 27 febbraio 2009

Obama, finanziaria "verde"


Il deficit raggiungerà 1.750 miliardi di dollari nel 2009, livello più alto dal dopoguerra
Più pressione fiscale sulle fasce alte di reddito, scambi con le imprese per le emissioni di C02
fondo da 634 miliardi per la sanità
Il presidente intende mantenere la promessa elettorale di estendere la copertura
a tutti gli americani. Duecento miliardi di dollari per finanziare le missioni militari all'estero



WASHINGTON - Tasse più alte per le classi abbienti, un fondo pluriennale per riformare la sanità, introiti "verdi" dagli scambi con le emissioni di C02 per finanziare gli aiuti fiscali al ceto medio-basso. Sono alcuni dei punti cardine della finanziaria presentata oggi dal presidente Barack Obama. Ma anche la promessa di dimezzare il deficit, che nel 2009 arriverà a 1.750 miliardi di dollari, il 12,3% dell'economia Usa: livello più alto mai raggiunto dal dopoguerra. Obama non nasconde tutta la gravità della recessione in atto e dichiara che intende "offrire chiarezza su come viene speso ogni singolo dollaro dei contribuenti americani".

E neanche intende aggravare il già grave deficit Usa: "E' un processo che richiederà tempo - ha detto Obama - ma soltanto in questi ultimi 30 giorni abbiamo identificato riduzioni del deficit pari a 2mila miliardi, che ci aiuteranno a diminuire della metà il nostro deficit entro la fine del mio primo mandato". Il presidente ha citato in particolare risparmi per 20 milioni ammodernando i programmi e riducendo la burocrazia per l'agricoltura, per 200 milioni abbandonando i programmi per ripulire le miniere abbandonate, oltre a tagli per svariati programmi nella pubblica istruzione sopprimendo alcuni programmi di controllo simili a quelli già esistenti in ben 13 agenzie governative. Senza dare maggiore dettagli, Obama ha parlato di risparmi per quasi 50 miliardi riducendo sussidi eccessivi e scappatoie fiscali.

Per il presidente Barack Obama occorrono rinunce per uscire dalla crisi: "Dovremo rinunciare a cose che ci piacciono ma che non ci possiamo permettere". Il presidente Usa ha precisato che anche a livello di governo "sarà necessario tagliare cose che non ci servono per pagare quelle che servono", ma che non è disposto a rinunciare ali programmi che "rendono l'America forte".

Il previsto aumento del gettito fiscale, unito a una riforma dell'efficienza del servizio Medicare, aiuterebbe a creare un fondo decennale da 634 miliardi di dollari per la sanità. Obama ha così confermato la promessa fatta durante tutta la sua campagna elettorale: estendere progressivamente la copertura sanitaria a tutti i cittadini americani. Attualmente circa 46 milioni di americani sono invece esclusi da qualsiasi forma di assistenza.

Una prima misura in questa direzione, ha spiegato Obama, è un sussidio, in vigore da oggi, che aiuterà sette milioni di americani che hanno perso il lavoro a conservare la mutua che avevano prima del licenziamento. La misura è compresa nel pacchetto di stimolo: espande una estensione temporanea di un programma che consente ai neo-disoccupati di tenere la vecchia mutua se la pagano di tasca propria. La nuova misura abbassa i costi di circa due terzi per un anno. "Sette milioni di americani avranno una cosa in meno di cui preoccuparsi quando vanno a dormire", ha detto Obama.

Il disegno di legge di bilancio include inoltre centinaia di miliardi di dollari di introiti da un sistema di scambio di emissioni di gas. Gli introiti dal sistema saranno spalmati su diversi anni a partire dal 2012. Obama vuole aiutare la lotta al cambiamento climatico riducendo le emissioni di gas serra come l'anidride carbonica (CO2) dalle grandi industrie e permettendo loro di commerciare i "diritti a inquinare" (il cosiddetto sistema "taglia e vendi"). E' prevista anche un'estensione oltre il 2010 dello sconto fiscale di 400 dollari all'anno previsto dal piano di stimolo approvato due settimane fa.

Per quanto riguarda le missioni militari all'estero, il presidente americano prevede una spesa pari a 663,7 miliardi di dollari per la difesa, cifra che include il costo delle guerre in Iraq e in Afghanistan (circa 130 miliardi), ossia un aumento di circa l'1,5% rispetto allo scorso anno. Nell'anno fiscale 2009 la cifra stanziata per i due conflitti era stata di 141 miliardi di dollari.

Processo ai magistrati


di Gianluca Di Feo

Scarsa produttività. Merito non premiato. Così nei tribunali si sono accumulate 9 milioni di cause non smaltite. Mentre il governo lavora a imbrigliare i giudici Fannulloni? Pochi. Improduttivi? La stragrande maggioranza. Eppure i magistrati potrebbero da soli dare un duro colpo alla crisi della giustizia. Trasformare l'autogoverno, spesso usato come scudo a difesa della corporazione, in leva per riscattare la credibilità dello Stato. Ci vuole poco: basta che lavorino tutti di più e si organizzino meglio. Questo non farebbe uscire la dea bendata dal baratro in cui l'hanno sepolta nove milioni di cause non smaltite e una valanga di leggi create apposta dai governi per insabbiare i processi. Ma di sicuro con un'autoriforma della magistratura si potrebbe cominciare a far arrivare aria nuova nei tribunali italiani. E privare il premier di uno degli argomenti chiave sfruttati per azzerare l'indipendenza delle toghe.

I modelli virtuosi
Una rivoluzione è possibile. Anche senza nuovi soldi. I primi studi statistici sulla produttività dei giudici mostrano che ci sono ampi margini per cambiare rotta e aumentare la quantità di fascicoli smaltiti. Un ricerca di prossima pubblicazione guidata da Andrea Ichino, Decio Coviello e Nicola Persico indica la possibilità di far decollare la produttività anche del 40 per cento. Dati teorici, certo. Che però trovano conferma in alcuni esempi molto concreti. Persino la Cassazione, un tempo simbolo di magistratura polverosa e arcaica, sta diventando un modello di rivincita. La Suprema Corte si è data una scossa, ridefinendo le procedure, inserendo più informatica, organizzando meglio i ranghi. Tanto è bastato a creare uno scatto: nel civile il bilancio è andato in attivo, sbrogliando molti più processi di quanti ne arrivino. Lo scorso anno ne sono stati licenziati 33 mila mentre le nuove pratiche sono state 30 mila. E tutto senza compromettere il garantismo.

Un miracolo proprio nel palazzaccio di marmo, un edificio troppo pesante che per un secolo ha continuato letteralmente a sprofondare nelle rive paludose del Tevere, incarnando la disfatta della giustizia italiana. Nel suo ufficio all'ultimo piano, affacciato su Castel Sant'Angelo, Giovanni Salvi, storico pm romano e in passato tra i leader del sindacato togato Anm, ha poche carte, uno scanner e lo schermo di un pc. È lui a presentare i dati di questa riscossa, facendo scorrere tra le dita come fosse un rosario la chiavetta Usb che può sostituire migliaia di pagine: "Prendiamo le tabelle del civile. Nel 1950 ogni magistrato chiudeva 62 procedimenti; nel 1998 erano 87. Poi con il nuovo millennio abbiamo cambiato passo. Nel 2006 sono stati 192, lo scorso anno 292". Una progressione impressionante. Che non rappresenta un'eccezione.


A Torino, il Tribunale civile ha stravolto la consuetudine del lavorare con lentezza. Il segreto? Un decalogo con 20 regole semplici, concordate con gli avvocati. Dal 2001 la montagna di arretrati è stata amputata di un terzo: dagli archivi hanno dissepolto liti per eredità vecchie di due generazioni e controversie commerciali per prodotti diventati nel frattempo antiquariato. Adesso in quelle aule si riesce a vedere l'Europa: il 93 per cento delle cause si chiude entro tre anni, il 66 in un anno. Ma anche nel tribunale penale di Roma c'è stata una razionalizzazione.

"È un altro esempio di riforma dal basso", spiega Salvi: "Abbiamo individuato l'imbuto nel calendario delle udienze: ogni giudice deve concentrare 20-30 processi in un giorno, con testimoni ed avvocati. Poi d'intesa con i penalisti abbiamo creato norme per evitare i disagi e rispettare gli orari. I risultati si sono visti subito"

Profondo nero
E allora, perché la situazione nazionale continua a peggiorare? Certo, c'è un quantità mostruosa di cause che si riversano nei tribunali, anche per colpa di governi che rendono tutto reato, persino la contrattazione con le prostitute. E c'è un proliferare di ricorsi che non ha pari nel mondo, fatti apposta per alimentare una schiera di avvocati altrettanto vasta. Ma a dispetto di questa tempesta di nuova cause e a dispetto dei primati delle corti modello, la produttività pro capite dei magistrati italiani continua a precipitare. I giudici dei tribunali sono passati da 654 fascicoli chiusi ogni anno del 2001 a soli 533 del 2006. È come se un delitto su cinque venisse dimenticato. Ma se si cerca di dare un peso alla statistica, allora diventa ancora più grave la frenata delle corti d'appello: i 177 casi annuali si sono ridotti a 145. E ogni ritardo in questa fase apre le porte alla prescrizione che cancella i reati e si trasforma nella negazione di ogni giustizia. La radiografia della catastrofe è stata presentata pochi giorni fa dal ministro Angelo Alfano, che però si è poi premurato di firmare un pacchetto di misure destinato a renderla ancora più drammatica. L'arretrato civile è di 5.425.000 fascicoli, quello penale di 3.262.000. Un processo civile dura in media 960 giorni per il primo grado, 50 mesi l'appello. Quasi sette anni prima di arrivare alla Cassazione: un tempo umiliante che distrugge la vita delle aziende e dei cittadini. Nel penale ci vogliono 426 giorni per la prima sentenza e due anni per l'appello: il che significa l'impunità assicurata per un'infinità di crimini. Un altro studio disegna la Caporetto della giustizia. È un lavoro condotto da Riccardo Marselli e Marco Vannini, professori che si dedicano da anni ad applicare valutazioni oggettive nel mondo confuso dei tribunali: ben 17 distretti giudiziari su 29 risultano 'tecnicamente inefficienti'. I due docenti giungono a una conclusione pessimistica: la quantità dei fascicoli che si accumula è tale da annichilire ogni speranza. Senza demolire questa zavorra non si può rendere efficace il sistema. Allo stesso tempo però la ricerca statistica sottolinea come si possa fare di più: se tutti i magistrati si portassero sul livello dei più sgobboni, un decimo dell'arretrato nel civile e il 14 per cento di quello penale potrebbe venire cancellato. Una stima che aumenta nei tribunali meridionali, meno dinamici: un quinto dei fascicoli accatastati nel civile e quasi un quarto di quelli penali scomparirebbero. Utopia?

mercoledì 25 febbraio 2009

Staminali effetto Obama


Archiviato il veto di Bush, la Casa Bianca sdogana la ricerca sugli embrioni. E subito affluiscono fiumi di denaro. Mentre si creano nuovi posti di lavoro

Il tornado Obama "potrebbe spingere i nostri migliori cervelli ad abbandonare i laboratori inglesi a favore di quelli statunitensi". L'allarme del 'Times' di Londra, scattato subito dopo le prime mosse del neopresidente Usa, riguarda il decollo di quella fetta di ricerca che nel mondo anglosassone viene considerata strategica, sia in termini di leadership tecnologica sia come trampolino per affari e posti di lavoro: l'industria biofarmaceutica.

A trasformare l'America in un magnete di dimensioni planetarie, secondo il prestigioso quotidiano britannico, sarebbe stata la pioggia di finanziamenti che sta arrivando sui laboratori e sulle 'start up' statunitensi del settore biopharma dopo la promessa di Obama di rimuovere il divieto di Bush alla ricerca sulle staminali embrionali. Primi fra tutti i sedici miliardi stanziati dal piano di stimolo economico del neopresidente, destinati per la quasi totalità alla ricerca staminale, senza contare poi i fondi dei capitalisti di ventura, quelli statali e quelli dei National Institutes of Health.

L'anno scorso dal venture capital sono arrivati investimenti pari a 8 miliardi di dollari per dare spinta alle nuove società del settore staminale. Il California Institute for Regenerative Medicine ha distribuito un miliardo ai maggiori centri di ricerca dello Stato, e gli Nih, ai quali fanno capo i maggiori centri di salute pubblica degli Usa, hanno dedicato circa il 10 per cento dei loro 30 miliardi di budget alla ricerca staminale, condotta però con embrioni animali e cellule staminali di origine somatica (provenienti cioè dai tessuti). Nella mischia non sono mancati i privati come il tycoon asiatico Li Ka-Shing, che sta investendo 200 milioni in California per costruire il Li Ka-Shing Center for Biomedical Sciences.

Per spiegare agli americani che la liberalizzazione della ricerca staminale era cosa fatta, Obama ha spedito in tivù David Axelrod, il suo consigliere più fidato, ad annunciare l'arrivo di un decreto presidenziale. "È quello di cui aveva bisogno il settore", afferma Mike Havrilla, analista del 'biopharma' di Seeking Alfa: "Dopo l'annuncio della Geron, la comunità scientifico-affaristica aveva cominciato ad accusare l'amministrazione di temporeggiare. Se non ci fosse stata la dichiarazione di Axelrod i titoli sarebbero crollati".


Reagendo alle aspettative create dall'elezione di Obama la Federal Drug Administration, tre giorni dopo l'insediamento del neopresidente, aveva infatti autorizzato la Geron, azienda biotech della Silicon Valley californiana, a condurre le prime prove cliniche con cellule staminali di origine embrionale. Il titolo dell'azienda e di tutte le altre che operano nel settore delle staminali avevano risposto impennandosi del 60 per cento.

"Per l'industria delle medicina rigenerativa è una fase nuova", afferma Linda Powers, direttrice della Toucan Capital, una società di venture capital con 140 milioni di dollari investiti nelle principali start up della ricerca staminale mondiale: "Adesso possiamo applicare le scoperte di laboratorio alle corsie ospedaliere".

La Geron ha speso oltre 170 milioni di dollari nello sviluppo di un trattamento per le lesioni della spina dorsale. Iniettate in cavie di laboratorio, le sue staminali hanno restituito l'uso degli arti ad animali paralizzati. "Dal successo della Geron dipende il futuro dell'industria biogenetica e della medicina rigenerativa", afferma John Kessler, direttore del Cell Institute della North Western University, "Se va bene, le cellule staminali prenderanno il volo".

Quello dei finanziamenti pubblici per la ricerca staminale è stato uno dei punti dolenti degli ultimi otto anni. Totalmente assenti, se si fa eccezione per quelli sborsati dai National Institutes of Health con limitazioni strettissime, hanno rallentato drasticamente l'introduzione di cure in grado, come sostiene Tom Okama, ceo della Geron, "di riparare organi danneggiati con cellule generate dalle staminali embrionali".

Se questo è stato vero per per la maggioranza degli Stati, in California no: nel 2004 gli elettori decisero di trasformare, per via referendaria, la ricerca genetica in un diritto sancito dalla Costituzione e, stanziando tre miliardi di dollari, fecero del Golden State l'Eldorado della ricerca staminale planetaria.

Quella scienza per la pace e i diritti scomodi

L'ANNUNCIO, ieri a Milano, della nascita in Italia del movimento internazionale "Science for peace ", che ho creato insieme a oltre 20 premi Nobel e molte figure rilevanti della cultura mondiale, ha suscitato allo stesso tempo interesse e stupore.

Pensiamo che il tema della pace debba urgentemente essere riportato al centro del dibattito civile; volgiamo creare una cultura di tolleranza e nonviolenza; chiediamo la progressiva riduzione degli armamenti per destinare parte degli investimenti alle urgenze : nuovi ospedali, scuola, ricerca scientifica. Ma perché gli scienziati si devono occupare della pace, e perché devono farlo proprio adesso, per iniziativa di un medico oncologo? Innanzitutto perché il medico è vicino ai bisogni della gente e sa che la gente, come prima cosa, non vuole il dolore. E la guerra è il più grande dei dolori. Il medico è pacifista per natura perché ha fatto sua la dura missione di curare le malattie che ci affliggono e dunque non riesce ad accettare le ferite, gli scempi, le epidemie e le enormi sofferenze che potremmo evitare se cancellassimo la guerra.

Ora questo bisogno di sfuggire alla sofferenza evitabile è reso più forte dalla situazione di crisi mondiale che agita, anche nelle popolazioni occidentali cresciute nel benessere, lo spettro della povertà. La crisi richiede delle risorse aggiuntive per le urgenze sociali, e dove possiamo ricavarle se non dalle spese militari che assorbono fondi molto elevati? E' assurdo che non riusciamo più a mantenere le nostre famiglie, che gli ospedali non vengano ristrutturati, che l'accesso alle cure adeguate non sia garantito a tutti, che la ricerca scientifica, che potrebbe dare una nuova spinta al benessere, languisca nei laboratori deserti, per avere più carrarmati lucidi e splendenti e costosissimi aerei supersonici, che, siamo convinti, non utilizzeremo mai.

Al di là di questo momento drammatico, la scienza, che dissemina ovunque il pensiero razionale, ha da sempre una funzione civilizzatrice e pacificatrice e può fare molto per la pace. Oggi i tipi di conflitti mondiali che si prospettano sono quello atomico, che al momento sembra un'ipotesi lontana, e quello terroristico. Ebbene, la funzione del pensiero razionale nel combattere il terrorismo è molto significativa, così come lo sono tutte le forme di pensiero e di arte. Per esempio sono convinto che la musica di Barenboim ha avuto un ruolo nella composizione del conflitto fra israeliani e palestinesi. La scienza, così come la musica, rifiuta il principio esasperato dell'identità nazionale o della razza. Anzi, come ha dimostrato il genetista di fama mondiale Luca Cavalli Sforza, la razza dal punto di vista genetico non esiste proprio.

Per questo con la diffusione del pensiero scientifico abbiamo assistito ovunque alla promozione della tolleranza e alla riduzione della violenza. Come disse Benedetto Croce "La violenza non è forza, ma debolezza , né mai può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruggerla". Gli ultimi 60 anni di assenza di grandi conflitti mondiali sono stati teatro di avanzamenti scientifici e tecnologici senza precedenti , ma soprattutto di avanzamenti in civiltà , di cui l'abbandono della pena di morte in 62 Paesi è solo un esempio. Viceversa i conflitti di ogni tipo hanno creato disordine, regressione civile e arresto della crescita e del benessere. Viviamo in una società pluralistica multietnica, multiconfessinale e l'Italia di questi giorni percorsa da conflitti etici e da episodi di intolleranza, che minacciano la libertà dei cittadini, è un esempio della nuova realtà che dobbiamo imparare a capire per non esserne travolti. La pace non è solo assenza di guerra ma è composizione pacifica delle conflittualità.

La sostituzione di una cultura di pace ad una cultura di guerra non è impensabile ed è questa la finalità di "Science for peace".

martedì 24 febbraio 2009

Pd, Franceschini vara la segreteria "Snella e decisa in solitudine"


E' di nove membri la squadra del segretario democratico
Molti gli amministratori locali, da Errani e Chiamparino


ROMA - Dal palco della Fiera di Roma, il giorno della sua elezione, Dario Franceschini l'aveva annunciato: "Guarderò al territorio e non accetterò pressioni". Era la promessa che i democratici, per uscire dalla crisi, avrebbero puntato maggiormente sugli amministratori locali, coinvolgendoli nelle scelte del Pd. Era la rivendicazione che il neosegretario voleva svolgere fino in fondo il suo mandato. In piena autonomia. E, oggi, alle parole seguono i fatti.

La nuova segreteria, che lavorerà in stretto collegamento con i venti segretari regionali e si riunirà settimanalmente, sarà composta da Vasco Errani (presidente della Regione Emilia Romagna), Sergio Chiamparino (sindaco di Torino), Fabio Melilli (presidente della provincia di Rieti), Maurizio Martina (segretario regionale del Pd in Lombardia), Elisa Meloni (segretario provinciale del Pd di Siena), Federica Mogherini (parlamentare), Giuseppe Lupo (consigliere regionale in Sicilia). Maurizio Migliavacca assumerà poi la funzione di dirigente dell'area organizzazione.

"E' una segreteria snella, di nove persone, decisa in solitudine e in fretta, perchè mancano solo cento giorni alle europee" commenta Franceschini. Addio, invece alle vecchie strutture dell'era Veltroni. "Ho azzerato i vecchi incarichi, ho già mandato le lettere a tutti i componenti del governo ombra, del coordinamento e dei capi dipartimento del partito - dice Franceschini - Nel fare questa segreteria ho rispettato quello che mi ero impegnato a fare davanti all'assemblea e cioè, oltre all'azzeramento degli attuali organismi, a coinvolgere il territorio nella dirigenza del partito".

Per quanto riguarda invece la squadra di coloro che si occuperanno dei dipartimenti tematici, Franceschini spiega che verrà seguito un altro criterio di selezione perchè "qui servono esperienze e sceglierò tra i componenti dei gruppi parlamentari. Coinvolgerò ovviamente anche i presidenti dei gruppi e i vicepresidenti delle Camere. Insomma, persone di esperienza e di peso politico".

Tutto fermo, invece, per quanto riguarda i capigruppo: "Su questa materia i gruppi sono sovrani, ma è meglio non inserire elementi di instabilità". Come dire che a giudizio di Franceschini, Soro e la Finocchiaro devono restare al loro posto.

Vertice Berlusconi-Sarkozy Firmato l'accordo sul nucleare


ENERGIA

Cooperazione tra Italia e Francia: "Partnership illimitata". Confronto dalla Tav all'Afghanistan


ROMA - Accordo fatto tra Italia e Francia sull'energia nucleare. Il premier Silvio Berlusconi e il capo dell'Eliseo, Nicolas Sarkozy, hanno siglato l'intesa che prevede la cooperazione tra i due Paesi sulla produzione di energia con l'atomo e apre la strada alla costruzione in Italia di quattro centrali di terza generazione. Questo il tema principale del vertice italo-francese di oggi a Villa Madama, Roma. Una giornata di incontri tra i ministri dei due Paesi, dove molti sono stati i temi in discussione, dalla Tav alla crisi finanziaria.

Premier: "Dobbiamo adeguarci". "E' una gioia aver firmato questi accordi sul nucleare", ha esordito il premier durante la conferenza stampa. Per Berlusconi il ritorno al nucleare è imprescindibile: "Dobbiamo adeguarci e svegliarci da questo sonno che stiamo facendo da decenni - ha detto - e affrontare la costruzione di centrali nucleari in Italia con al fianco gli amici francesi, che ci mettono a disposizione il loro know how e grazie al quale risparmieremo anni e soldi". Finora l'ostacolo, secondo il presidente del Consiglio, è stato "il fanatismo ideologico" degli ambientalisti.

Sarkozy: "Partnership illimitata". Il capo dell'Eliseo ha parlato di un accordo "storico" e ha detto che, se l'Italia confermerà il suo ritorno al nucleare (manca ancora l'approvazione del ddl Scajola, ndr), la Francia è disponibile a una "partnership illimitata". "Siamo pronti a dare un aiuto forte per il ritorno di Roma al nucleare", ha aggiunto il presidente francese.

Enel ed Edf. Oltre alla firma del protocollo intergovernativo, sono stati anche sottoscritti da Enel e Edf due "memorandum of understanding" sul nucleare. Documenti firmati dall'amministratore delegato dell'Enel, Fulvio Conti, e dal presidente e direttore generale di Edf, Pierre Gadonneix, che fanno nascere una joint-venture e disegnano un futuro di stretta collaborazione. Tra i vari punti previsti, c'è il rafforzamento della presenza di Enel sul territorio francese: dopo l'ingresso nella centrale di Flamaville, il gruppo italiano entrerà con la stessa quota (il 12,5%) nella nuova centrale di Penly, in Normandia.

Gli altri temi dell'incontro. Stamattina il vertice a Villa Madama si è aperto in un'atmosfera di cordialità. Oltre all'energia, sul tavolo c'erano molti altri argomenti: dai trasporti, con la Tav, al settore militare, con l'Afghanistan e il Libano, all'istruzione e alla crisi finanziaria.

La crisi. Anche la difficile situazione economica è stata al centro della discussione dei due leader. Dopo aver frenato sull'ipotesi di nazionalizzazione delle banche, Berlusconi ha ribadito che il nostro sistema bancario è "solido, siamo un popolo di risparmiatori" e "non è stato inquinato dai titoli tossici". "Italia e Francia vogliono cambiare l'Europa per tutelare i cittadini europei e trarre insegnamenti dalla crisi", ha sostenuto Sarkozy. E poi ha enumerato le sue ricette: "Vogliamo sanzionare i paradisi fiscali, controllare gli hedge-fund e fissare nuove regole per la retribuzione dei banchieri, dei trader e per i bonus".

"Al vertice Ue con una sola voce". Il presidente francese ha rimarcato che gli istituti bancari italiani e francesi "non sono fra quelli che versano nelle maggiori difficoltà in Europa". "E' giusto - ha aggiunto - che Italia e Francia aiutino le politiche industriali, ma io avrei preferito che ci fosse stata una politica coordinata europea per sostenere l'auto". Sarkozy ha assicurato che, al vertice Ue di domenica prossima sulla crisi, "Italia e Francia parleranno con una sola voce per chiedere di prendere decisioni forti".

Truppe congiunte. L'idea è di Sarkozy, ma a riferirla è stato il premier: per garantire la stabilità del Libano saranno presto costituite truppe congiunte franco-italiane. Tra i possibili accordi sulla difesa che l'Italia e la Francia stanno valutando, ci sarebbe un battaglione navale condiviso: "Abbiamo gli stessi obiettivi di politica estera e abbiamo una politica economica comune. Potremmo fare un battaglione navale italo-francese'', avrebbe ipotizzato Sarkozy.

Matteoli: "La Tav già nei prossimi mesi". Al vertice di oggi il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli e il suo omologo francese Jean-Louis Borloo hanno sottoscritto alcuni accordi che riguardano la realizzazione della galleria del Tenda, la messa in sicurezza del tunnel del Frèjus, l'incremento dell'autostrada ferroviaria viaggiante (Afa), ma anche la Tav, la linea ferroviaria Torino-Lione. "Con il collega Borloo - ha detto Matteoli - abbiamo condiviso la necessità di rispettare un cronoprogramma che consenta già nei prossimi mesi la definizione del progetto della Torino-Lione, in modo da non ritardare l'attuazione di un'opera essenziale per l'economia dei due Paesi e dell'Europa".

lunedì 23 febbraio 2009

Atenei, monito di Napolitano «No ai tagli indiscriminati»


Il capo dello stato alla cerimonia per il settimo centenario dell'ateneo di perugia
Atenei, monito di Napolitano

Il presidente della Repubblica: Mi auguro che i tempi siano maturi per rivedere le scelte di bilancio»


PERUGIA - Le università italiane necessitano di «valutazioni e interventi pubblici puntuali» e «mi auguro che siano maturi i tempi per ripensare e rivedere scelte di bilancio improntate a tagli indiscriminati»: questo il monito del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che all'Università di Perugia ha partecipato alla cerimonia conclusiva delle celebrazioni del settimo centenario di fondazione dell'ateneo umbro.

«LA RICERCA LEVA PER LO SVILUPPO» - Il Capo dello Stato ha ascoltato con grande attenzione la relazione del rettore dell'Università di Perugia Francesco Bistoni, il quale ha sottolineato i livelli di eccellenza ancora presenti negli atenei italiani nonostante il costo terribile - in termini anche monetari - della fuga dei cervelli all'estero. Questa costa all'erario statale ogni anno 1 miliardo e mezzo di euro. Napolitano ha colto queste osservazioni per una riflessione sull'Università, la crisi economica e i problemi del bilancio statale. La conoscenza e la ricerca, ha voluto sottolineare il capo dello Stato, sono «leva fondamentale per la crescita economica e sociale» perché «solo il sapere e l’innovazione» rappresentano un argine e una carta vincente nella sfida dei mercati globali. Ma in Italia, ha aggiunto Napolitano, si tarda a trarre le dovute conseguenze di questa che sembra una verità riconosciuta da tutti. «Questa è una verità difficile da contestare e apparentemente non contestata anche nel nostro Paese - ha sottolineato il presidente della Repubblica -. Ma si tarda a trarne le conseguenze».

«NO A GENERALIZZAZIONI» - A Perugia Napolitano ha anche rinnovato l'appello a definire le riforme per l'Università senza abbandonarsi a generalizzazioni liquidatorie, guardando i singoli atenei in base ai risultati e ai problemi della ricerca «con coraggio» e considerando ciò che accade in Europa e nel Mondo in questo settore e che «può suggerire» delle soluzioni.

"Misura inutile. Studenti in ostaggio degli impostori"

TORINO
Mandare i «baroni» in pensione prima del tempo? Non serve. Nemmeno secondo Raffaele Simone, docente all’Università di Roma Tre, uno dei maggiori studiosi europei di linguistica e filosofia del linguaggio. Un suo libro-denuncia del ‘93, L’Università dei tre tradimenti, fece discutere. «15 anni dopo, è cambiato poco».

Dove l’Università ha fallito?
«Tradendo l’interesse pubblico: troppi affari privati. La ricerca: troppi soldi spesi in modo futile e senza controllo. Gli studenti, che non sempre sono l’interesse primario. E il declino di quel poco di qualità dell’insegnamento che sopravviveva, anche se restano molte persone capaci. Così continuiamo a decadere in tutte le classifiche».

L’ultima ricerca del Times ci dà in caduta libera. Perché?
«L’aspetto più debole è la governance. Siccome tutte le cariche sono elettive, si vive in un clima generale di campagna elettorale. I voti di scambio e i voti a dispetto sono pratica corrente. Le mediazioni possono essere spossanti, il potere di interdizione di gruppi e consorterie aumenta e indebolisce i responsabili, che non possono esercitare una gestione forte: le decisioni sono sfumate per non scontentare nessuno».

Altra nota dolente: i concorsi. Perché non funzionano?
«I bravi sono mischiati ai somari o agli incapaci, e non si fa nulla per identificarli e premiarli. Solo il caso (o la formazione di cordate particolarmente rigorose) permette di premiarli».

E i professori?
«Pochi considerano la ricerca l’obiettivo principale, una minoranza fa davvero il suo dovere e una minoranza ancora più esigua è costituita da persone di qualità. L’università si regge sul 7-10 per cento dei suoi docenti».

E gli altri?
«Una delle disfunzioni del sistema è la debolezza dei controlli. Del resto, per esercitare un controllo è necessario disporre di un potere reale, non solo elettorale. Tra i controlli che non si fanno, c’è quello delle presenze dei docenti, che non devono rendere conto del loro impiego del tempo. Nessuno registra ritardi, spostamenti di esami o annullamenti di lezioni, viaggi, vacanze, sparizioni immotivate».

L’assenteismo è tollerato?
«Non solo. Il nostro è un sistema fittiziamente democratico. Un Nobel e un impostore ricevono lo stesso stipendio e hanno le stesse prerogative».

Davvero i docenti sono tutti uguali?
«No. Ci sono i “patrizi”, professori-professionisti che hanno un canale parallelo e preminente di attività professionali lucrose e adoperano l’università principalmente per arricchire il loro biglietto da visita. Gli altri sono plebei, dato che quel canale non ce l’hanno, neanche se lo volessero».

Questa situazione incide sulla ricerca?
«Molto. E c’è altro: pochi soldi, compensati dalla scarsità del controllo sulla spesa e la sua legittimità; poca valutazione seria dei risultati; molto provincialismo e ricerca fittizia, fatta solo per stampare carta per concorsi».

E gli studenti? Sono ostaggi?
«Se insoddisfatti non possono far nulla perché il servizio migliori né scegliere un’alternativa più efficiente, visto che tra gli atenei non c’è vera concorrenza».

Gli atenei traditi
Raffaele Simone, studioso di linguistica e filosofia del linguaggio, insegna nell’Università di Roma 3. Nel 1993 pubblicò il saggio «L’Università dei tre tradimenti».

"A scuola Internet non è una priorità"

SCUOLA & GIOVANI

Informatica addio, cancellata una delle tre "i" della Moratti
Una conseguenza del "maestro unico di riferimento"

di SALVO INTRAVAIA

"A scuola Internet non è una priorità"
Sparisce la "I" di Informatica di morattiana memoria. I tagli del governo sulla scuola cancellano uno dei pilastri della riforma Moratti: quella delle tre "I" (Inglese, Impresa, Internet o Informatica). Dal prossimo anno scolastico, infatti, gli insegnanti della scuola elementare (ora primaria) e della media (secondaria di primo grado) dovranno fare i salti mortali per aprire il mondo delle conoscenze informatiche ai propri alunni. Il taglio delle cosiddette compresenze nella scuola primaria e la riduzione delle ore di Tecnologia nella scuola secondaria di primo grado renderà quasi impossibile l'insegnamento dei primi fondamenti di Informatica e Internet a bambini e ragazzini. La conferma arriva dallo stesso ministero dell'Istruzione, che in questi giorni ha aperto una finestra di dialogo sulla riforma con genitori e insegnanti.

Le Faq (frequently asked questions, le domande poste frequentemente) presenti nel sito del ministero mostrano che genitori e insegnanti sono piuttosto confusi. "Con il taglio delle compresenze, mio figlio potrà continuare a fare il laboratorio di Informatica?", si chiede un genitore. L'ingenua domanda posta ai tecnici ministeriali sollecita una risposta quanto meno inaspettata. "La riduzione delle ore di compresenza - si legge nella Faq numero 23 - comporterà qualche riassetto organizzativo (...) Ci auguriamo che anche il laboratorio di informatica possa trovare spazio tra le attività, anche se vorrà convenire che esso non costituisce, soprattutto nella scuola primaria, un insegnamento prioritario".

E tutto il bailamme sulla scuola delle tre "I"? Dal prossimo mese di settembre la scuola primaria passerà dall'organizzazione modulare, con tre insegnanti su due classi, al "maestro unico di riferimento". Il passaggio cancellerà le ore di compresenza e tutte le attività legate ad esse: corsi di recupero e di approfondimento, laboratori di Informatica, supplenze, ecc. Con i moduli, infatti, le 54 ore di lezione settimanali di due classi funzionanti a 27 ore vengono coperte da 3 insegnanti che assicurano 18 ore a testa di lezione. La restante parte dell'orario settimanale del docente (4 ore) vengono utilizzate per ampliare l'offerta formativa o tappare i buchi dei colleghi assenti. Ma fra qualche mese tutto questo verrà "tagliato".

Discorso analogo alla scuola media dove le prime conoscenze di Informatica vengono impartire ai ragazzini dal docente di Tecnologia perché, sempre da settembre, il monte ore della disciplina verrà decurtato del 33 per cento.

Eppure, l'Europa ci chiede di puntare sull'Informatica. Nel 2000 il Consiglio europeo di Lisbona fissò l'ambizioso obiettivo di trasformare quella del Vecchio continente "nell'economia più dinamica e competitiva del mondo". Tra le tante cose da fare per centrare l'obiettivo occorre che "ciascun cittadino sia in possesso delle competenze necessarie per vivere e lavorare nella nuova società dell'informazione" e che "tutti i docenti entro la fine del 2002 possiedano le competenze necessarie per l'utilizzo di internet e delle risorse multimediali" ("Una società dell'informazione per tutti", documento adottato dalla commissione Ue il 25 maggio 2000). Per la verità, l'Italia si è mossa per tempo. Per dotare infatti le scuole di tecnologie dell'informazione e della comunicazione (le Tic) e per formare i docenti, tra il 1997 e il 2003, sono stati investiti 1.341 miliardi delle vecchie lire (pari a quasi 700 milioni di euro) che a questo punto rischiano di trasformarsi in una spesa inu

sabato 21 febbraio 2009

Sanremo, potentina Arisa vince tra i giovani. «Mi sento come Calimero...»



SANREMO – Arisa, 26 anni, nata a Genova ma d’origine di Pignola, in provincia di Potenza, dove ha sempre vissuto, è la vincitrice del Festival di Sanremo nella categoria Proposte 2009 con il brano «Sincerità». Ieri, nella serata dei duetti era accompagnata al pianoforte del maestro Lelio Luttazzi. Il giudizio è arrivato con sistema di votazione mista espresso attraverso il televoto, con un peso percentuale del 50 per cento; e dalle giurie specializzate dei rappresentanti delle radio, tv e siti web accreditati e delle testate di carta stampata, agenzie, siti web e Tg e Gr nazionali e stranieri accreditati, ciascuna con un peso percentuale del 25 per cento. Applausi in sala stampa all’annuncio dell’esito del voto.

Il nome Arisa è un nome d’arte. Lei si chiama Rosalba Pippa e il nome d’arte è in realtà un acronimo familiare: A come Antonio, il padre autista; R come Rosalba, cioè lei stessa; I come Isabella, la sorella ventenne con l’hobby della fotografia e il flauto traverso; S come Sabrina, l’altra sorella di 17 anni, anche lei avviata verso la carriera di cantante; A come Assunta, la mamma casalinga. «Non piango più...», ha promesso la vincitrice.
Festival di Sanremo Arisa
Nata a Genova ma «dopo solo 6 giorni» trasferita a Pignola in provincia di Potenza, ha un diploma di estestista. Nel 2007 ha vinto la borsa di studio come interprete al Cet di Mogol, dal quale subito dopo la vittoria ha ricevuto un sms di complimenti. Ma anche Gianni Morandi vuole salutarla personalmente. La sua telefonata arriva mentre è assalita in sala stampa dai flash dei fotografi: «Grazie, grazie. Lei è bravo», dice timidamente, facendo sorridere i presenti, conquistati dai suoi modi incerti. «Morandi mette d’accordo tutti, se piace a me e a mia madre ha capito qualcosa della vita», afferma.


«Preferisco essere paragonata a Calimero che a Naomi Campbell. Punto sull'ironia perchè non ho un buonissimo rapporto con il mio aspetto fisico»

Sul suo look originale, dice: «Ho sempre sempre prediletto ... si può dire 'prediletto'? – chiede sgranando gli occhi – uno stile buffo. Metto spesso pantaloni larghi e gli occhialoni. Mi reputo più simpatica che carina, quando mi dicono quanto sei bella non ci credo».
Per lei Sandra Mondaini e Raimondo Vianello sono «l'emblema di quella comicità un po' mattacchiona, molto educata, che io preferisco e che spero possa far parte piano piano del mio rapporto con il pubblico».

Ieri sera per l’emozione ha dimenticato di ringraziare Lelio Luttazzi, che l’ha accompagnata sul palco nel duetto di giovedì: «E' stata la ciliegina sulla torta. Io amo molto il varietà e lui è un maestro estremamente umile, competente, probabilmente troppo severo con se stesso, non sa neanche lui quanto vale. Accanto a lui mi sono sentita sicura e onorata».
Il suo album («Sincerità», che contiene sei brani) è uscito ieri e in poche ore la sua esibizione a Sanremo su You Tube ha già avuto 20mila contatti.

• Pignola è in festa
• Coro di congratulazioni da rappresentanti istituzionali e politici lucani

venerdì 20 febbraio 2009

Voglio un leader che comandi


Via i vecchi capi. E disciplina di partito rispettata da tutti. Anche a costo di perdere pezzi. Parla il sindaco di Torino.
Colloquio con Sergio Chiamparino


Sergio chiamparino
Il telefono squilla nell'ufficio torinese di Sergio Chiamparino. "Buongiorno sindaco, vorremmo intervistarla sull'emergenza nel Pd dopo la sconfitta in Sardegna e le dimissioni di Veltroni. Ci sono due pagine a disposizione". "Due pagine intere? Ma è uno spazio terrificante...", risponde. Fosse per lui, si risparmierebbe di sviscerare le conseguenze che questa crisi avrà sul suo partito. "Sono troppo amareggiato. Rischia di spegnersi qualcosa in cui ho molto creduto. Se andiamo avanti così, a scontri frontali, a contrapposizioni autolesioniste, senza costruire niente, finiamo dritti nella palude...". Per giunta, gli scappa, da Roma nessuno del partito si è fatto vivo, il giorno della rinuncia ("intempestiva") di Veltroni: "Nemmeno un sms, mi hanno mandato". E questo, dice, "è sintomatico del rapporto che nel Pd c'è tra amministratori locali e governo centrale. Cosa vuole che pensi, la gente comune? Penserà che il mio partito si sta avvitando su se stesso".

Ed è vero?
"È indubbiamente vero che nel Pd c'è un problema di esercizio della leadership. Dalla sconfitta alle elezioni politiche fino a oggi, si è praticata una politica in punta di piedi, fatta di mezzi passi. Una linea che non ha pagato, e che non pagherà più".

Pagheranno il decisionismo, le prese di posizioni drastiche?
"Non dico di entrare come elefanti nella cristalleria, ma ci vuole determinazione e chiarezza. A questo punto non ha senso tenere assieme i nostri cristalli con il Bostik".

Sta parlando di una scissione?
"Beh, non so... Qualche rumor l'ho sentito... Diciamo che se devo scegliere tra la conquista di un profilo netto, per il Pd, e una costante ambiguità, punto sulla prima opzione. A costo di perdere qualche componente".

Sia più esplicito: si riferisce a Francesco Rutelli?
"Per esempio. Ma il discorso è più ampio, in prospettiva. Il Pd ha una ragione d'essere se svolge una doppia manovra: prima di inclusione di tutte le forze che ne condividono il percorso, e poi di selezione in base ai comportamenti effettivi".


Come vede, in questo quadro, il contributo futuro di Antonio Di Pietro e dell'Italia dei valori?
"Di Pietro ha una base populista, molto distante da quello che dev'essere il Pd. Ma ciò non esclude un'alleanza corretta e leale. Ribadisco: corretta e leale. L'opposto di com'è stata finora".


E l'Udc di Pier Ferdinando Casini? Uno spicchio del suo partito lo guarda con simpatia.
"L'esperienza mi dice che non va escluso niente, in materia di alleanze. Ma devono essere circoscritte: sia sul fronte dei tempi che dei contenuti".

Intanto, tra pochi mesi, c'è il doppio appuntamento delle europee e delle amministrative. Come deve reagire il Partito democratico?
"Cercando di ricucire al suo interno, di ritrovare un profilo competitivo. Il tempo a disposizione è poco, miracoli non se ne possono fare. E allora si torni, ventiquattr'ore al giorno, con la testa dentro la società. Dobbiamo prendere atto, finalmente, che non si vive solo di caminetti e di discorsi dei leader".

È fiducioso, sotto questo profilo?
"Mah. Le dico come stanno preparando le amministrative dalle mie parti. La preoccupazione principale, nella creazione delle liste, è che ogni gruppo, ogni piccolo capo, e persino ogni vice abbia il suo angolo di potere. Vede, una volta c'era il correntismo nobile, quello stile vecchia Dc o Psi. Oggi, invece, c'è il correntismo straccione".

Dunque come ne uscirete?
"Una strada c'è: buttare le etichette e puntare sui contenuti. Penso, per esempio, alla valorizzazione dell'unità sociale, cara alla sinistra radicale; ma anche all'attenzione verso l'individuo e la famiglia, come chiedono i cattolici".

Sta proponendo di tornare al recente passato? Tutti insieme, dai nostalgici comunisti a Paola Binetti, condannati alla lite continua?
"Non intendo questo. Non può esserci, nel nostro futuro, una struttura che vada ancora da Rifondazione alla Margherita. Però le porte del Pd devono essere aperte: anche a chi, fino a ieri, ha militato nella sinistra radicale. Basta che s'impegni a lavorare in una prospettiva di governo. Per essere più esplicito: tutti possono parlare e contribuire, ma alla fine dev'esserci una linea unica. Sennò faremo ancora figuracce, com'è accaduto sulle coppie di fatto...".

"Mentre mi sfregiava diceva: ti amo troppo"


LA COMMISSIONE Giustizia del Senato si sta occupando di una proposta di legge, già passata alla Camera, che vuole introdurre nel nostro ordinamento il reato di "atti persecutori". Nel mondo anglosassone lo chiamano "stalking" ed è punito già da tempo severamente. Si tratta di un reato molto diffuso (per l'Istat le vittime in Italia superano i due milioni e mezzo) e che colpisce soprattutto le donne, tormentate, a volte fino a conseguenze tragiche, da spasimanti, ex mariti, ex fidanzati e mitomani. Ma ancora oggi l'unica arma per difendersi è una denuncia per molestie, con un deterrente ridicolo: 6 mesi come massima pena. Questo libro, "Rose al veleno, Stalking, storie di amore e d'odio" fa parlare le persone che quelle ossessioni le hanno vissute davvero. Ecco alcuni brani.

O io o lui
"Ho amato mio marito, l'ho amato con tutte le mie forze, e credo che anche lui abbia amato me. Eppure l'ho ucciso, per non morire (...). Ecco, questo è l'assurdo, la vera malattia. Io non ho ucciso l'uomo che amavo ma quello che mi perseguitava, quello che mi metteva le mani attorno al collo per strozzarmi salvo poi chiedermi scusa, quello che minacciava di morte chiunque incontrassi, quello che controllava ogni mio passo, ogni mio fiato, quello che mi seguiva di nascosto, quello che mi mandava appresso due "bravi" per sorvegliarmi, quello che mi ha mandato in ospedale a suon di botte, quello che mi ha violentato, quello che ho denunciato per tentativo di omicidio, quello che il tribunale ha poi diffidato dall'incontrarmi ancora, dall'avvicinarmi, dal darmi altro tormento... Oggi persone così le chiamano stalker, un nome importato dall'America. Le poverette come me invece si chiamano sempre allo stesso modo: vittime. Nel mio caso è tutto più complicato: io sono una vittima che ha ucciso il suo persecutore".

Lo stalker
"La spiavo, sì. Ma lo facevo per il suo bene. Quel ragazzo per lei era pericoloso, temevo volesse farle del male. Uno che costringe una donna a mandare una mail del genere all'uomo che ama, può diventare pericoloso. E io avevo il dovere di difenderla. Vedendola da lontano, quando ero appostato, dava l'impressione di essere abbastanza serena. Ogni tanto rientrava con un'amica. Qualche volta il fidanzato (o il presunto tale, ossia quello che io ritenevo essere il fidanzato) la accompagnava su. Cronometravo il tempo che trascorrevano insieme: potevano passare due ore prima che lui scendesse, altre volte pochi minuti. 'Maiale - pensavo quando la visita si protraeva - la starai costringendo a fare l'amore con te. Certo non immagini che lei è me che vuole, che viene a letto con te ma intanto immagina che sia io a sfiorarla'. E anche io me lo immaginavo".

Sfregiata
"Ho cinquantasette punti nel viso. Me li procurò Gianfranco, con un taglierino da calzolaio, sotto i portici di piazza Augusto Imperatore, nel cuore di Roma. Tornavo dal lavoro e lui s'era messo in agguato dietro a una colonna (...). Finii all'ospedale San Giacomo con la faccia aperta dai colpi della lama. Una donna di 50 anni distrutta, finita. Lui voleva che tornassimo insieme. 'Ti amo troppoi mi diceva. Me lo disse anche mentre ero a terra, con le mani sul volto insanguinato, e urlavo come una pazza, terrorizzata, nel buio. Ricordo la sua presenza accanto a me, in ginocchio: 'Emma, io t'amo. Scusa, l'ho fatto perché t'amo'. Però poi, quando sentì che arrivava gente scappò. Vigliacco. Già una volta aveva provato a strozzarmi. L'avevo anche denunciato: tentato omicidio".

giovedì 19 febbraio 2009

Processo a The Pirate Bay: terzo giorno, chiesto il proscioglimento


Caduta metà delle accuse, la difesa canta vittoria. Ma Ifpi chiede 10 milioni di risarcimento per i diritti violati

STOCCOLMA


I responsabili del sito Internet per la condivisione di file Torrent The Pirate Bay sono in questi giorni sotto processo per il reato di violazione dei diritti d'autore sui file condivisi.

Davanti al giudice, in un tribunale di Stoccolma, gli accusati hanno respinto le imputazioni e alla seconda udienza buona parte di queste sono già cadute per fraintendimenti sul funzionamento del protocollo.

La disputa è insorta a seguito dei ricorsi presentati da diversi giganti dei media, tra cui Warner Bros, Mgm Pictures, Colombia Pictures Industries, 20th Century Fox, Sony Bmg, Universal e la Emi. A maggio del 2006 la polizia svedese effettuò una serie di retate, sequestrando diversi server e computer del portale The Pirate Bay, e chiudendolo temporaneamente. Fondato nel 2003, nel corso degli anni, il portale Internet era diventato un punto di riferimento per coloro che utilizzano i sistemi di condivisione di file chiamati «bitTorrent».

I quattro imputati, tutti di nazionalità svedese - ovvero i tre amministratori del sito, il 28 enne Svartholm Warg, i trentenni Peter Sunde e Fredrik Neij, e il finanziatore, il 48enne Carl Lundstrom - sono finiti alla sbarra per il loro presunto coinvolgimento su scaricamenti di file musicali, film o videogiochi tutelati dal copyright. Tra le prove dell'accusa, oltre a delle testimonianze dirette, vi sono anche delle comunicazioni via e-mail.

Il processo, che attira l’attenzione di molti internauti, ma anche di diverse industrie, si è aperto martedì nella capitale svedese e giunge oggi alla terza giornata di attività, con la richiesta di proscioglimento da parte della difesa, vista la riduzione dei capi d'accusa.

Ifpi (International Federation of the Phonographic Industry), che rappresenta i dententori dei diritti sulle opere in questione, chiede invece un risarcimento che si aggira sui 10 milioni di euro.

Pasticcio Democratico


La sconfitta sarda. L'addio di Veltroni. Le mire dei capicorrente. I 30-40enni sul piede di guerra. È caos nel Pd. E anche il futuro del partito ora è a rischio


Il pacco di tesserine magnetiche giace lì, malinconicamente abbandonato in uno scatolone al pianterreno di largo del Nazareno: sopra c'è un'immagine della manifestazione del Circo Massimo dello scorso 25 ottobre. Tanta gente, le bandiere del Pd, la scritta 'Grazie"' e la firma di Walter Veltroni. In memoria dell'unica giornata davvero felice dei suoi 16 mesi di segreteria: il popolo democratico arrivato da tutta Italia per applaudire Veltroni su un podio in stile Obama, una pedana in mezzo alla folla. Era raggiante Walter, quel giorno. Al punto da strapazzare i suoi critici: "State sempre lì a ravanare, attaccati ai vostri schemini: dalemiani, veltroniani.". E invece, appena quattro mesi dopo, martedì 17 febbraio, il Circo Massimo è un ricordo sbiadito, di quelle bandiere non resta nulla. Al secondo piano del Nazareno si scatena la resa dei conti più drammatica, con le dimissioni di Veltroni dalla guida del partito nato dalle ceneri di Ds e Margherita.

È l'8 settembre del Pd. Lo sciogliete le righe. Il tutti a casa. Con l'incubo sempre più reale del crack. L'abisso: l'implosione del progetto, il dissolvimento del partito, la scomparsa della principale forza di opposizione. Anche se la guerra contro la destra berlusconiana che ha conquistato anche la Sardegna di Renato Soru continua, o dovrebbe continuare. Ma con chi? Nelle ore dell'abbandono di Veltroni i capi e i capetti, generali e caporali di questa armata allo sbando chiamata Pd, danno il peggio di sé. Generali in fuga. Colonnelli tentati dal salto di grado ma impauriti da se stessi. Attendenti di campo in ritirata. Sfrecciano le berline, sorride tirata Giovanna Melandri, sorride più largo Pierluigi Bersani, considerato il candidato numero uno alla successione in un congresso da convocare in autunno, dopo il nuovo prevedibile rovescio alle europee di giugno, è quasi allegra Anna Finocchiaro tra i banchi del Senato. E Paolo De Castro, l'ex ministro dell'Agricoltura che ora è presidente dell'associazione dalemiana Red, addirittura gongola: "E ora prendiamoci la segreteria!". Il 'partito romano', impersonato da Goffredo Bettini, si riunisce di buon mattino in un ufficio della Camera con il nucleo duro dei veltroniani della capitale: il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, il segretario regionale Roberto Morassut, il deputato Michele Meta. La notizia delle dimissioni di Veltroni non si è ancora diffusa, Bettini la confida ai suoi esattamente come fece quasi due anni fa quando li convocò per annunciare che aveva convinto l'allora sindaco a rompere gli indugi e candidarsi alla guida del Pd.


Sono in pochi, in quel momento, a conoscere le decisioni del segretario. Veltroni sceglie di lasciare la segreteria a notte fonda, quando i risultati elettorali della Sardegna hanno cominciato ad assumere i contorni della catastrofe, l'ennesima dopo la sconfitta alle elezioni politiche, la perdita del Campidoglio contro Gianni Alemanno e la batosta abruzzese di dicembre. Ma l'idea di dimettersi matura prima del voto sardo. Nel fine settimana il segretario fa un giro di telefonate con i dirigenti più vicini sparsi in giro per l'Italia. E lì si capisce che ha deciso di mollare. Chi lo ascolta resta colpito: il Walter bonaccione, ottimista di natura, non esiste più. Al suo posto c'è un uomo stanco, deluso, amareggiato, stufo marcio di guidare il partito in queste condizioni. "Guardate solo cosa è successo oggi", si lamenta: "La mattina presento il piano anti-crisi del partito e incasso l'interesse delle categorie produttive. Il pomeriggio D'Alema va a Bologna e lo smonta pezzo per pezzo. Io costruisco la mattina e questi disfano la sera". Ed è inutile chiedergli di sfidare gli avversari interni con un congresso straordinario. "Non me la sento, non è nelle mie corde la guerra casa per casa per conquistare un delegato in più", ammette Veltroni: "E poi, se anche vincessi, cosa cambierebbe? Il giorno dopo ricomincerebbero da capo". Concetti ripetuti al momento delle dimissioni: "Un gioco al massacro, non ci potevo più stare. Si attaccava me per far fallire il progetto del partito. E con la candidatura di Bersani otto mesi prima del congresso e in piena campagna elettorale si è passata la misura. Basta".

Scuola, la grande fuga dei prof dopo i tagli annunciati dal governo

SCUOLA & GIOVANI

Trentamila richieste di pensione in elementari e medie, il 30% in più del 2008
Uno spiraglio per i precari: si annunciano 20mila immissioni in ruolo

di SALVO INTRAVAIA


Scuola, la grande fuga dei prof dopo i tagli annunciati dal governo
Trentamila pensionamenti e ventimila immissioni in ruolo. Ecco i numeri che tengono banco in questi giorni nella scuola. Una fuga soprattutto dalla scuola elementare e media, dove la manovra del governo sta cercando di rastrellare il maggior numero di posti. Il secondo dato - quello delle immissioni in ruolo - dà un po' di speranza alle migliaia di precari della scuola che, alla luce della riforma Gelmini, non sanno "di che morte moriranno". Ma purtoppo gran parte dei posti attualmente occupati dai precari si volatilizzeranno.

La partita degli organici 2009/2010 è ancora aperta e tutta da giocare. La scorsa settimana i sindacati della scuola hanno incontrato il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, per dire la loro su tagli e organici del personale. Intanto, il conteggio di coloro che hanno presentato domanda per lasciare la cattedra dal prossimo primo settembre è virtualmente completo. Sono quasi ventinovemila (tra docenti e Ata) le istanze presentate presso gli Uffici scolastici provinciali (gli ex provveditorati agli studi) della Penisola.

L'anno scorso furono in totale poco più di 23 mila. Ma è alla scuola primaria e nella secondaria di primo grado che l'incremento di cessazioni dal servizio è più consistente. All'elementare i pensionamenti crescono del 33 per cento e alla scuola media di qualche punto in meno: il 30 per cento. Alla materna (ora scuola dell'infanzia) e al superiore gli incrementi rispetto al 2008 sono decisamente più contenuti (18 e 16 per cento, nell'ordine) e tra il personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario) si registra un dato sostanzialmente stabile (più uno per cento).

Secondo le prime analisi formulate dai sindacati sono tre i fattori che hanno determinato il boom di pensionamenti: lo spauracchio che venisse elevata l'età pensionabile per le donne, i tagli al personale della scuola elementare e materna e il pensionamento forzoso per coloro che hanno già maturato 40 anni di servizio e 65 di età.

Infatti, il maestro unico di riferimento nella scuola primaria e la riorganizzazione del tempo scuola alla media consentirà un taglio che secondo le intenzioni del governo dovrebbe attestarsi attorno alle 42 mila unità. Circostanza che costringerà a settembre migliaia di insegnanti di ruolo a cercarsi una nuova sistemazione. "Meglio lasciar perdere", hanno pensato in parecchi. Ma non solo: le esternazioni del ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, sull'età pensionabile delle donne ne hanno indotte parecchie a svicolare "prima che fosse troppo tardi".

Manon tutte i mali vengono per nuocere. La fuoriuscita dai ruoli del personale docente apre uno spiraglio per le migliaia di precari in attesa nelle graduatorie provinciali. Durante un incontro con i tecnici ministeriali sono stati ipotizzate 20 mila immissioni in ruolo a partire dal prossimo primo settembre: 7 mila su posti di sostegno, altri 7 mila per la scuola superiore e 6 mila per il personale Ata. I precari della scuola elementare e media, per quest'anno, dovrebbero restare a bocca asciutta, mentre è possibile che si riesca a racimolare qualche centinaio di posti per le maestre di scuola dell'infanzia.

mercoledì 18 febbraio 2009

"Mills fu corrotto dalla Fininvest" al legale inglese 4 anni e 6 mesi


Il Tribunale di Milano ha condannato l'avvocato per un bonifico di 600mila dollari
La tesi dei pm, accolta dalla corte, è che servirono a evitare due condanne a Berlusconi
Di Pietro: "In un paese normale il premier si sarebbe già dimesso". Forza Italia: "Giustizia politica"


MILANO - L'avvocato inglese David Mills è stato condannato a quattro anni e sei mesi per corruzione in atti giudiziari dal Tribunale di Milano. Il legale nel luglio del 2004 aveva raccontato ai pm Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo di aver ricevuto 600mila dollari dal gruppo Fininvest per dire il falso nei processi in cui era coinvolto Silvio Berlusconi.

Successivamente, nel corso del dibattimento, Mills aveva poi parzialmente ritrattato quella versione cercando di discolpare il presidente del Consiglio. Il premier era in un primo momento imputato insieme all'avvocato, ma la sua posizione è stata stralciata in seguito all'approvazione del "Lodo Alfano" sull'impunità delle massime cariche dello Stato da parte del Parlamento, norma attualmente al vaglio della Corte Costituzionale. Mills è stato condannato a risarcire anche 250 mila euro alla parte civile Presidenza del Consiglio (paradossalmente al suo coimputato). I giudici hanno inoltre disposto la trasmissione degli atti alla Procura perché valuti la testimonianza di Benjamin Marrache, uno dei testimoni nel processo.

Anche se Berlusconi è al momento fuori dal processo, la sentenza di oggi getta comunque un'ombra pesante anche sul suo comportamento. Secondo il Tribunale, i 600mila dollari bonificati a Mills dalla Fininvest del '98 sono serviti infatti a corrompere il legale inglese per testimoniare il falso - così come sostenuto dalla Pubblica accusa - in due processi che vedevano imputato l'attuale presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (tangenti alla Guardia di finanza e All Iberian).

"In un Paese normale - ha denunciato Antonio Di Pietro - il presidente del Consiglio avrebbe già rassegnato le sue dimissioni". "Se Mills è stato condannato in quanto 'corrotto' - prosegue il leader dell'Idv - significa che abbiamo un corrotto, ma anche un corruttore. Ma si sa come vanno le cose in Italia rispetto agli altri paesi occidentali: in America, Obama ha mandato via i ministri che avevano avuto problemi con il fisco; in Italia, se corrompi un testimone, vai a fare il presidente del Consiglio".

Forza Italia accusa invece i giudici milanesi di aver pronunciato una sentenza "scontata, politica e a orologeria". Commentando la condanna, la difesa dell'avvocato Mills ha lamentato che la presenza di Silvio Berlusconi come coimputato nel processo milanese ha impedito al collegio di giudici presieduto da Nicoletta Gandus un'attenta valutazione dei fatti. "E' un processo - ha commentato polemicamente l'avvocato Federico Cecconi - che senza l'ombra dell'altro soggetto coimputato sarebbe stato esaminato in modo più sereno". L'imputato ha limitato invece a definirsi "molto deluso".

martedì 17 febbraio 2009

Il The Times boccia l'Italia Gelmini, serve un cambiamento


"Eliminare sprechi, sedi e corsi inutili. Necessaria meritocratica"

ROMA
Prendendo spunto dalla classifica annuale del prestigioso quotidiano britannico “The Times” che boccia l’università italiana, il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini rilancia: la «impietosa classifica si riferisce agli anni in cui governava il centrosinistra» - sottolinea in una nota - ma ora «è finita un’epoca, bisogna avere il coraggio di cambiare», e «il problema non è quanto si spende ma come si spendono i soldi»; quindi, spiega il ministro, la ricetta è «eliminare gli sprechi, le sedi e i corsi inutili», ovvero «rivedere completamente la nostra università: è necessario renderla meritocratica».

La classifica del quotidiano britannico The Times sulle migliori università del mondo boccia, infatti, l’Italia: un solo ateneo nostrano tra le prime duecento, ovvero Bologna che si piazza al 192esimo posto, perdendo 19 posizioni rispetto allo scorso anno, mentre “La Sapienza” di Roma si piazza al 205esimo posto, il Politecnico di Milano al 291esimo, l’Università di Padova al 296esimo. “Cassata” la Bocconi di Milano, che non figura nemmeno tra le prime 400.

«La classifica pubblicata dal Times dimostra che il sistema universitario italiano vive una fase veramente difficile», commenta Gelmini in una nota, aggiungendo: «I problemi sono strutturali e di sistema. Non sono, come qualcuno ha detto più per motivi di lotta politica che per una analisi tecnica della realtà, legati alla quantità di risorse che si investono nell’università». Secondo il ministro «questo è un falso problema», perché «tutti gli indicatori internazionali stabiliscono che non c’è correlazione tra quanto si spende per l’università e la sua qualità».

In sintesi «il problema non è quanto si spende ma come si spendono i soldi dei cittadini», sottolinea Gelmini ricordando che «l’Italia spende come la Germania eppure ha un sistema universitario peggiore».

E la soluzione è quindi un’altra: «Bisogna piuttosto eliminare gli sprechi, le sedi e i corsi inutili, dobbiamo rivedere completamente la nostra università: è necessario renderla meritocratica», spiega il ministro dell’Istruzione, concludendo con un attacco ai predecessori di centrosinistra: «Voglio anche osservare che questa impietosa classifica si riferisce agli anni in cui governava il centrosinistra, quindi molto prima dei famigerati tagli dell’attuale Governo. Ciò significa che l’università italiana non va bene per problemi e gestioni non trasparenti che durano da decenni e non certo a causa del governo Berlusconi».

Fortissimamente Google


di Federico Ferrazza
Le foto subacquee, le passeggiate su Marte, i viaggi nel tempo. E la localizzazione degli amici sui cellulari. Così Big G risponde alla crisi hi-tech


Crisi o non crisi, quelli di Google non stanno mai fermi. Mentre le altre aziende hi-tech riducono fatturati, investimenti e personale, Google rilancia e sforna quasi ogni settimana un prodotto nuovo. è il caso, per esempio, di Latitude. L'ultima novità di casa Google è un programma per telefonini (solo di ultima generazione, però: quelli che hanno un modulo Gps al loro interno) con il quale è possibile vedere su una mappa dove si trovano i nostri amici. Un'applicazione che ha subito creato un vespaio di polemiche per i possibili pericoli sulla privacy. Discussioni subito raffreddate da Google: il luogo in cui ci si trova, hanno spiegato, non viene pubblicato in modo automatico, ma visualizzato solo se l'utente lo vuole.

Quella dei cellulari è una delle strade che a Mountain View si batterà sempre di più nei prossimi anni. Il motivo è semplice: nel mondo sono tre miliardi le persone che possiedono un telefonino e ogni anno un altro miliardo di terminali viene acquistato. Numeri tre volte superiori a quelli relativi ai pc, sia da scrivania sia portatili. E siccome gran parte del business di Google passa per la pubblicità, esiste un modo migliore di far apparire spot che sui cellulari?.

Seppur promettente, però, la telefonia mobile non ha ancora sviluppato tutte le sue potenzialità. Quindi nei laboratori di Mountain View pensano anche ad altro. La prova è la quinta versione di Google Earth, software (disponibile in 40 lingue) che permette di girare il mondo in 3D rimanendo seduti davanti al proprio computer. Le nuove funzionalità riguardano i viaggi nel tempo: attraverso una barra, per esempio, si accede a immagini storiche e si visualizzano le trasformazioni dello sviluppo urbano o del deterioramento ambientale, come nel caso dell'erosione costiera o della deforestazione (per alcune zone è disponibile fin dal 1940 ai nostri giorni, per l'Italia al massimo dal 1997). Così, si può guardare la costruzione degli stadi di calcio tedeschi per i Mondiali del 2006, la desertificazione del lago africano Ciad o lo scioglimento del ghiacciaio Grinnell nel Montana.


Dentro la nuova versione di Earth, Google ha rilasciato anche Ocean, un nuovo archivio di informazioni (realizzato in collaborazione con scienziati, ricercatori ed esploratori) con cui è possibile perlustrare i fondali marini. 'Passeggiando' sott'acqua si incontrano video e foto degli oceani con informazioni sulle aree protette, inclusa per esempio la grande barriera corallina australiana. Con Ocean, inoltre, si possono tracciare gli animali (quelli controllati dai satelliti come balene e squali), monitorare lo stato di salute delle acque, guardare montagne sommerse, apprezzare i video delle spedizioni dagli archivi dell'oceanografo francese Jacques Cousteau o ispezionare i luoghi in cui si trovano navi e sottomarini affondati. Si possono anche vestire i panni di un pesce, anche se è abbastanza inutile, visto che non essendoci animali in 3D si vede praticamente solo il blu dell'acqua.

Oltre a Ocean, nella nuova versione di Earth c'è anche Mars, un'applicazione per camminare virtualmente sul suolo marziano grazie a immagini catturate dai satelliti o dai robot che in questi anni hanno esplorato il pianeta rosso.

Fra le ultime novità di Google ci sono poi la storia e l'arte. Alla fine del 2008 è partito il progetto 'Ancient Rome in 3D', realizzato dall'università della Virginia, che raccoglie 6.700 edifici dell'antica Roma ricostruiti in tre dimensioni. Talmente tanti edifici che solo con un computer più potente della media siamo riusciti a provarlo. Una volta entrati, però, è divertente muoversi fra le strade virtuali di una Roma antica che mostrano anche informazioni testuali prese dal Web. Simile nell'approccio è il progetto Prado (partito a gennaio) con il quale si possono vedere 14 opere presenti al museo di Madrid con un'altissima definizione (14 gigapixel), che consente di apprezzare dettagli finissimi, impossibili da cogliere dal vivo.

"Google si sta muovendo con la stessa filosofia che segue dal principio: fornire informazioni accessibili agli utenti, rendendole più complete, più semplici e più immediate", spiega Giorgia Longoni, direttore del marketing di Google Italia. "Per esempio, quando si cercano informazioni su Firenze, è preferibile che compaia subito una mappa della città. Lo stesso vale se vogliamo saperne di più su un'eventuale località in cui andare in vacanza: abbiamo bisogno di foto, video, pagine realizzate dagli utenti. Dobbiamo cercare di interpretare le esigenze informative di tutti, facilitando e arricchendo l'offerta". Per farlo, però, Google chiede in continuazione ai suoi utenti di rinunciare a parte della loro privacy (a scopi pubblicitari). Nessuna violazione, ma una silenziosa e costante richiesta di informazioni sui propri gusti, idee o sui luoghi che si visitano dal vivo. Il motore di ricerca si propone, infatti, come archivio di tutte le nostre informazioni.

No al medioevo biologico


Un appello in Rete e una manifestazione a Roma sabato prossimo per fermare il disegno di legge che sottrae al cittadino il diritto sulla propria vita e impone a tutti il sondino di Stato

"Sì alla vita, no alla tortura di Stato". E' questo lo slogan con cui viene lanciata la manifestazione di sabato 21 febbraio (ore 15, piazza Farnese, Roma) contro la legge oscurantista che impedirà il testamento biologico e renderà obbligatorio il sondino di Stato. All'iniziativa, nata da un'idea di Paolo Flores D'Aracais e Stefano Rodotà, hanno già aderito tra gli altri Umberto Eco, Margherita Hack, Andrea Camilleri, Furio Colombo, Pancho Pardi.

"La vita di ciascuno", si legge nell'appello «non appartiene al governo e non appartiene alla Chiesa. La vita appartiene solo a chi la vive. Il disegno di legge di Berlusconi vuole sottrarre al cittadino il diritto sulla propria vita e consegnarlo alla volontà totalitaria dello Stato e della Chiesa. Rendendo coatta l'alimentazione e l'idratazione anche contro la volontà del paziente, impone per legge la tortura ad ogni malato terminale. Pur di imporre questa legge khomeinista, Berlusconi ha dichiarato che intende sovvertire la Costituzione repubblicana. Al governo Berlusconi, che ha ormai dichiarato guerra alla Costituzione repubblicana, è dovere democratico di ogni cittadino opporre un fermo "ora basta!"

"Per dire sì alla vita e no alla tortura, per dire sì alla Costituzione e no al progetto di dittatura oscurantista, per dire sì al Presidente che sostiene la Costituzione contro chi la viola, la svilisce, la insulta, chiediamo a tutti i democratici di auto-organizzarsi per una grande e pacifica manifestazione, senza bandiere di partito, solo con la passione e l'impegno civile di liberi cittadini, a Roma, a piazza Farnese, sabato 21 febbraio alle ore 15».

Hanno aderito alla manifestazione numerosi sacerdoti della Chiesa cattolica. Tra gli altri: don Franco Barbero (Pinerolo), don Vitaliano della Sala (Sant'Angelo a Scala, Avellino), don Paolo Farinella (Genova), don Enzo Mazzi (Firenze), don Raffaele Garofalo (Pacentro, l'Aquila), don Carlo Carlevaris (Torino), padre Nino Fasullo (Palermo), dom Giovanni Franzoni (Roma), don Angelo Bertucci (Rovereto), don Mario Signorelli (Bergamo), don Roberto Fiorini (Mantova), don Luigi Forigo (Verona), don Gianni Alessandria (Mantova), don Aldo Antonelli (Antrosano, l'Aquila), don Nicola De Blasio (Benevento), don Angelo Cassano (Bari), padre Pierangelo Marchi (Caserta), don Renzo Fanfani (Firenze), padre Benito Maria Fusco (Bologna), don Andrea Gallo (Genova).

lunedì 16 febbraio 2009

La polizia con le auto in garage "A Roma e Napoli 500 mezzi fermi"


IL CASO. Tagliati i fondi per la sicurezza, bloccata la manutenzione delle vetture
"Possiamo permetterci solo il rabbocco dell'olio e il cambio delle gomme"


ROMA - Taglio dei fondi sulla sicurezza: il ministero dell'Interno blocca la riparazione degli automezzi della polizia. Gli investimenti stanziati per il 2009, infatti, sono appena sufficienti al rifornimento di carburante. Lo stop alle manutenzioni è contenuto in una circolare firmata dal prefetto Giovanna Iurato, direttore dei servizi tecnico-logistici del Dipartimento della pubblica sicurezza. Che rivela, in modo esplicito, l'inadeguatezza delle risorse messe a disposizione della "gestione patrimoniale" della polizia dal Governo Berlusconi.

La circolare inviata non solo agli autocentri, ma anche al servizio nautico della polizia (per sospendere la manutenzione anche ai mezzi navali), inizia con la constatazione che "sul capitolo relativo alle spese per la gestione e la manutenzione dei veicoli della polizia di Stato gli stanziamenti di bilancio risultano di gran lunga insufficienti rispetto agli effettivi fabbisogni". La conseguenza è automatica: i responsabili delle manutenzioni di tutti gli automezzi sono invitati "a circoscrivere le spese ai soli rifornimenti di carburante". Se un mezzo ha bisogno di manutenzione (fanno eccezione gli ultimi acquisti, fra i quali Alfa 159, Grande Punto e Stilo, che beneficiano di un contratto che comprende per un certo periodo l'assistenza) resta fermo in garage.

Secondo i dati forniti dal sindacato dei funzionari di Polizia, Anfp, "a Roma, dall'inizio dell'anno si sono fermati 250 mezzi. E a Napoli sono in garage in attesa di manutenzione 228 auto con i colori della polizia, 108 del tipo normale". Per Enzo Letizia, segretario dell'Anfp, c'è ora "il rischio che in pochi mesi molte autovetture della polizia in Italia restino bloccate da guasti per riparare i quali non ci sono fondi" "Ma cosa ha costretto il direttore dei servizi tecnico-logistici a diffidare gli autocentri dal svolgere la regolare manutenzione sui mezzi terrestri e navali? Per Enzo Letizia, segretario del sindacato funzionari di polizia, il motivo "potrebbe essere ricercato nel debito accumulato nel 2008 che ammonterebbe a circa 18 milioni di euro". "Ebbene - sostiene Letizia - il fondo del 2009 per la Motorizzazione, tagliato del 60 per cento rispetto a quello del 2008, potrebbe servire solo a coprire il debito dell'anno passato". Una volta colmato il deficit del 2008 - secondo l'Anfp - non ci sarebbero più i soldi per il 2009. Di qui la circolare del prefetto Iurato che dispone lo stop della manutenzione. Eppure, ricorda Letizia, l'estate scorsa sia il ministro della Giustizia Angelino Alfano, che quello dell'Interno, avevano annunciato che "avrebbero destinato alla sicurezza un miliardo di euro confiscati alla mafia. Ma che fine hanno fatto quei fondi? Era solo un annuncio spot?".

Secondo il sindacato dei funzionari di polizia, "attualmente è attivo solo un contratto nazionale che assicura il rabbocco dell'olio, il cambio delle batterie e quello dei pneumatici. Per quanto riguarda le auto in garanzia, va segnalato che per la sostituzione delle frizioni esiste un oneroso contenzioso con la Fiat che contesta un uso improprio delle vetture". "Il risultato finale - conclude, ironico, il segretario Letizia - è che la sicurezza dei cittadini rischia di indebolirsi se non ci saranno interventi finanziari. C'erano stati promessi più soldi e più poliziotti di quartiere: la prima promessa non è stata mantenuta. La seconda probabilmente si realizzerà, perché non avremo più macchine".

Anche Giuseppe Tiani, del Siap, il sindacato di base dei poliziotti, esprime preoccupazione per il fatto che "gli agenti possano lavorare con automezzi inadeguati". "Questo - aggiunge Tiani - è il risultato della politica di questo governo che, anziché reperire le risorse necessarie per garantire l'efficienza dei servizi, pare preoccuparsi di provvedimenti di facciata, come l'erogazione di cento milioni di euro agli enti locali per rafforzare il potere dei sindaci. Un investimento a pioggia che attualmente ha dato evidenti scarsi risultati".

Total Basilicata ferma per un anno

POTENZA - I carabinieri per la Tutela dell’Ambiente e personale della Squadra Mobile di Potenza stanno notificando alla società «Total Italia S.p.a.» la misura cautelare di sospensione per un anno della concessione denominata «Gorgoglione» per la coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi. Contestualmente, sono in corso anche perquisizioni in sedi di altre società coinvolte a vario titolo nello stesso procedimento penale, che lo scorso dicembre ha portato all’arresto di numerose persone tra cui l’amministratore delegato ed il responsabile del progetto «Tempa Rossa» (denominazione di uno dei più grandi giacimenti della Basilicata) nell’ambito di un’inchiesta diretta dal pm Henry John Woodcock della Procura di Potenza per tangenti sugli appalti per l’estrazione di petrolio in Basilicata.

GLI ARRESTI DI DICEMBRE
Tra le 11 persone arrestate lo scorso 16 dicembre nell’ambito dell’inchiesta coordinata da Woodckock, ci sono lo stesso amministratore delegato della Total Italia 'Esplorazione e produzione', Lionel Levha e il responsabile del progetto Tempa Rossa, Jean Paul Juguet, insieme a loro collaboratori, amministratori locali e faccendieri, oggi quasi tutti ai domiciliari.
Un’ordinanza di custodia cautelare aveva raggiunto anche il parlamentare del Pd Salvatore Margiotta, ma il Tribunale del Riesame ha annullato il provvedimento. Lo stesso Tribunale, che ha fatto cadere pure l’originaria accusa di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, ha invece confermato i «gravi indizi» per singoli episodi di corruzione relativi ad appalti di vario genere e di concussione in danno dei proprietari dei terreni da espropriare.

La sospensione di oogi della concessione «Gorgoglione» alla Total è stata decisa dal gip di Potenza, Rocco Pavese. L’udienza per la discussione per la richiesta interdittiva a carico della società petrolifera francese era cominciata nel gennaio scorso. La misura è stata applicata in considerazione di quanto previsto da una legge statale del 2001. La concessione alla Total riguarda la costruzione di un grande centro oli: la spesa prevista da «Tempa Rossa» è pari ad alcune decine di milioni di euro.

LE MOTIVAZIONI DEL GIP: PRATICHE ILLEGALI E PROFITTI ENORMI
La misura cautelare di sospensione per un anno della concessione per la produzione di idrocarburi in Basilicata inflitta dal gip di Potenza alla Total «è adeguata alla eccezionale gravità del caso» e «consente di porre termine alle sistematiche pratiche illegali poste in essere dalla Total Italia Spa nell’ambito delle attività legate allo sfruttamento della concessione 'Gorgoglione'», in provincia di Potenza, nell’ambito della quale la società sta realizzando il progetto Tempa Rossa. E' quanto afferma lo stesso gip, Rocco Pavese, nel provvedimento che è in corso di esecuzione a cura della squadra mobile di Potenza, diretta da Barbara Strappato, e dai carabinieri del Noe, coordinati dal colonnello Sergio De Caprio (il 'capitano Ultimo' che arrestò Totò Riina).

Nella vicenda delle presunte tangenti per gli appalti legati all’estrazione del petrolio in Basilicata la Total avrebbe messo in atto «pratiche di corruzione e di clientelismo (nell’occasione anche di concussione) in vista di profitti enormi», si legge ancora nel provvedimento del gip di Potenza, «illeciti che avvengono in danno del libero mercato e della collettività. La possibilità di ottenere indebiti favori (in primis, gli appalti pilotati) lede gravemente il principio della libera concorrenza, che è fondamento del sistema economico e presupposto per la crescita complessiva, anche occupazionale, di un Paese moderno».
Sempre secondo il giudice, inoltre, «è da escludere che gli indagati abbiano agito per proprio esclusivo interesse, essendo palese che i reati sono stati commessi nell’interesse e a vantaggio della società, che inoltre ne ha tratto un rilevante profitto». Non solo: «l'enorme portata degli interessi in gioco induce a ritenere che essi abbiano agito di intesa (se non nei dettagli, certamente nella metodologia) anche con la Casa madre».


I lavori per la realizzazione del Centro Oli Tempa Rossa sono cominciati lo scorso novembre, mentre il giacimento dovrebbe andare in produzione nel 2012: il condizionale è d’obbligo, considerati gli sviluppi dell’inchiesta giudiziaria. Il gip tuttavia ha deciso di non nominare un commissario anche perché, si legge nel provvedimento cautelare, l’attività di realizzazione delle opere finalizzata alla futura estrazione degli idrocarburi «ben potrà essere proseguita dalle società contitolari» della concessione (si tratta di altre due società petrolifere); le opere in questione, inoltre, «sono appena iniziate (con i lavori di sbancamento dell’area) e non si ravvisano allo stato rilevanti ripercussioni sull'occupazione».

Il gip Pavese ha accolto parzialmente le richieste del pm Woodckock, che aveva sollecitato nei confronti della Total Italia l’interdizione dall’esercizio di tutte le attività.

L'Italia dei veleni


di Emiliano Fittipaldi
Amianto. Piombo. Diossine. Idrocarburi. Il rischio sostanze tossiche colpisce un quarto della popolazione. Spese negli anni cifre da capogiro. Ma spesso le bonifiche non sono neanche partite



Dici Orbetello e pensi alle spiagge bianche, alla Maremma incontaminata e agli allevamenti di spigole. A nessuno verrebbe in mente che il cuore dell'Argentario è inserito dal 2002 nella lista dei siti più inquinati d'Italia. La laguna è così compromessa che Altero Matteoli, sindaco del paesino durante i week-end e ministro delle Infrastrutture il resto della settimana, è riuscito ad inserirla per intero nell'area da bonificare per legge, che inizialmente prevedeva la pulizia solo della fabbrica di fertilizzanti della Sitoco.

"La Sitoco? E chi la dimentica... Noi da ragazzi si andava a giocare nel bosco dietro le ciminiere", ricorda un ristoratore, "quando s'alzava il maestrale era uno spettacolo, la mia R4 bianca si ricopriva di una polverina arancione che non veniva più via. Con la fabbrica mangiavano duecento famiglie, ma devo ammettere che quella polverina dava noia alla gola. Pizzicava pure gli occhi". La polverina era in realtà anidride solforosa, che il vento ha portato a spasso da inizio Novecento fino al 1991, quando lo stabilimento ha chiuso definitivamente. Se eventuali danni alla salute non sono mai stati registrati, di sicuro terreni e acque portano ancora le ferite inferte dalle ciminiere: metalli, Pcb, diossine e idrocarburi pesanti sono sparsi per i 54 ettari del sito industriale. La fabbrica cade a pezzi, ma lo scheletro fatiscente accoglie ancora i villeggianti che scendono alla stazione. Il guardiano non fa entrare nessuno, "non per cattiveria ma per sicurezza: nei capannoni sono conservati le ceneri di pirite, amianto e altre schifezze. Io pure giro con la mascherina. Ma presto qui sarà tutto rinnovato, vogliono costruire un grande centro congressi".

Sarà. A oggi sono stati messi sul tavolo oltre 8 milioni di euro, qualcosa è stata messa in sicurezza, ma dopo 18 anni di attesa la riqualificazione resta un miraggio. Così come la bonifica della parte di levante della laguna e del bacino di Ansedonia, dove nelle reti dei pescatori finiscono da mesi impigliate spigole piene di mercurio. In questa zona il problema non sono i residui chimici, ma le ex miniere della Ferromin del Monte Argentario. "Il metallo è rilasciato dai sedimenti del fondale, poi viene inghiottito dai pesci" spiega il Commissario al risanamento ambientale della laguna Rolando di Vincenzo, già assessore all'urbanistica per An. Nonostante i dati Arpat siano negativi, non c'è un esplicito divieto di pesca: il consorzio 'Orbetello pesca lagunare', che vanta l'esclusiva del Comune, semplicemente 'evita' di gettare le reti nelle zone compromesse. Ripulire la zona non sarà uno scherzetto: l'idea è quella di strappare i primi 70 centimetri del fondale, e spostare altrove terra e mercurio. Ma servono soldi a palate, e un sito ad hoc dove stoccare migliaia di tonnellate di rifiuti speciali.


La valle dei tumori
I veleni 'per sempre' di Orbetello sono in buona compagnia. Anche Trento aspetta la bonifica di una vasta area alla periferia nord. A fine anni '70 l'incendio a un deposito di sodio obbligò il sindaco a chiudere la Sloi, che produceva dai tempi del fascismo piombo tetraetile. A pochi chilometri dal centro cittadino nell'anno di grazia 2009 circa 150 mila metri cubi di terreno conservano gelosamente un cocktail di mercurio, piombo, fenoli, policiclici aromatici e solventi. Del recupero si discute da tre decenni. Costo stimato 50 milioni, qualcuno favoleggiava di un parco con le altalene, ma in città nessuno ci crede più. La storia dell'impianto e della bonifica mancata sarà protagonista persino di un film-documentario finito di girare un mesetto fa, 'La fabbrica degli invisibili'. Come invisibile è stato per settimane un dossier di settembre dell'Asl due di Roma e dell'Istituto superiore della sanità, che racconta la devastazione della Valle del Sacco. Dopo tre mesi di silenzi da parte di sindaci e istituzioni, centinaia di persone che vivono a Colleferro, Segni e Gavignano, paesoni vicino la capitale, hanno scoperto dai giornali locali di essere contaminati "in maniera irreversibile" dal beta-esaclorocicloesano, una sostanza cancerogena rilasciata da una fabbrica di pesticidi chiusa anni fa. Già nel 2005 la zona fu messa sotto osservazione dopo che decine di mucche morirono per aver bevuto l'acqua di un torrente. I veleni del distretto industriale sono rimasti in circolo: secondo gli esperti i pazzeschi livelli di contaminazione sono legati "all'uso dell'acqua dei pozzi locali e al consumo di alimenti prodotti in loco".

domenica 15 febbraio 2009

Si danno fuoco per finire su YouTube: due adolescenti in ospedale

Un 14enne ha ustioni sul 60% del corpo. Bruciature a gambe, braccia e mani per l'amico di 15enne

TORINO - Apparire su Youtube: questo sarebbe stato lo scopo del gioco folle che venerdì pomeriggio ha portato i due adolescenti di 14 e 15 anni a cospargersi di benzina e a darsi fuoco nei giardinetti di Pianezza (Torino). Un terzo amico avrebbe filmato la scena con il cellulare e inviato il video ai cellulari di altri amici poco lontani. L’idea sarebbe stata di mettere il video su Youtube.

Uno dei due ragazzi M.D. di 14 anni è ricoverato in prognosi riservata al Cto di Torino con ustioni sul 60 per cento del corpo. L’altro amico si trova invece all’ospedale Maria Vittoria con ustioni a gambe, braccia e mani.

eTwinning: dieci scuole premiate a Praga, una italiana


Con circa 50 000 utenti registrati in tutta Europa, un numero crescente di insegnanti europei ha dimostrato di esplorare nuove modalità per sviluppare e innovare l’insegnamento e l’apprendimento. In occasione della conferenza eTwinning di quest’anno, che si tiene a Praga dal 13 al 15 febbraio, la Commissione europea assegna premi ai dieci migliori progetti scolastici eTwinning, tra i quali unO per matematica e scienze con partecipazione italiana.

eTwinning, un’importante iniziativa all’interno del programma di apprendimento permanente (Lifelong Learning) della Commissione europea, offre alle scuole europee uno strumento per comunicare, condividere idee e gestire progetti comuni on line. Grazie ad una piattaforma on line che consente di utilizzare strumenti web 2.0 per facilitare la comunicazione, eTwinning è diventata una vera e propria comunità collaborativa in cui gli insegnanti sperimentano modi creativi per migliorare le loro attività nelle classi. Da quando il programma è stato avviato nel gennaio 2005 insegnanti di 48 286 scuole si sono registrati su eTwinning e hanno condotto 11 994 progetti cui hanno partecipato almeno due scuole di due diversi paesi.

Alla conferenza di quest’anno prendono parte 400 partecipanti, tra cui insegnanti di tutta Europa, rappresentanti dei servizi di sostegno centrali e nazionali di eTwinning, e altri importanti attori del mondo dell’istruzione. Alla vigilia della conferenza il Commissario Figel’ ha spiegato il significato dell’iniziativa eTwinning nel 2009: «Il 2009 è l’Anno dell’innovazione e della creatività e costituisce quindi un’occasione calzante per celebrare il crescente successo di eTwinning quale esempio di creatività nell’istruzione.

Dobbiamo incoraggiare strategie innovative nel campo dell’istruzione per migliorare la qualità e l’efficacia dei sistemi scolastici europei e per preparare i giovani europei alla società e all’economia del futuro.»Dieci i progetti eTwinning registrati per l’anno scolastico 2007-2008 che saranno premiati in cinque categorie, tre ripartite per età (4-11, 12-15, 16-19), uno per ambito tematico (matematica e scienze) nonchè un premio speciale sponsorizzato dalla presidenza francese sull’uso della lingua francese.

Si sono esaminati più di 500 progetti in base alla loro natura innovativa, all’integrazione nel curriculum, alla collaborazione, all’uso creativo delle TIC e alla trasferibilità. I dieci finalisti provengono da 40 scuole di 21 paesi (Belgio, Bulgaria, Cipro, Repubblica ceca, Francia, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Spagna, Svezia e Regno Unito). I primi quattro vincitori per categoria riceveranno in premio un viaggio in Grecia, in aprile, per recarsi al campeggio eTwinning mentre i vincitori della categoria «Lingua francese» riceveranno una borsa per studiare il francese in Francia durante l’estate.

NUOVE VIOLENZE A ROMA E MILANO

ROMA - E' caccia aperta a Roma ai due uomini che nel tardo pomeriggio di ieri hanno aggredito una coppia di giovanissimi fidanzati, 16 anni lui, 14 lei, vicino al parco della Caffarella. Gli investigatori: trovate tracce importanti sul luogo dell'aggressione. Gli abitanti del quartiere stanno pensando a ronde notturne.

La violenza. I due, stranieri forse originari di un paese dell'Est, hanno agito nel pomeriggio di San Valentino, attorno alle sei, in una strada del quartiere Appio Latino: dopo aver trascinati a forza i ragazzi in un prato buio, hanno picchiato il giovane e violentato la ragazza. Poi sono fuggiti, rapinando i due fidanzati dei pochi soldi che avevano e dei loro telefonini.

La testimonianza del ragazzo. "Ci hanno detto che erano armati, che avevano una pistola e che dovevamo seguirli altrimenti ci uccidevano". Così il ragazzo ha raccontato le fasi iniziali dell'aggressione e poi della violenza subita nel parco della Caffarella. Il giovane, in lacrime e fortemente sconvolto, ha raccontato alla polizia di aver pensato che i due stranieri volessero rapinarlo. Per questo avrebbe detto di avere pochi euro e un cellulare. Poi una volta arrivati in una delle zone più buie del parco è stato l'inferno. Il ragazzo è stato picchiato e tenuto fermo mentre a turno i due stranieri violentavano la sua fidanzatina. Da ieri sera i due ragazzi sono assistiti da una psicologa della polizia.

Le indagini. Gli investigatori non sarebbero riusciti a ottenere un identikit dei due uomini: il ragazzo, sentito in questura ieri sera, avrebbe fornito solo sommarie indicazioni sull'abbigliamento degli aggressori e sulla capigliatura di uno dei due. Sul luogo dello stupro, individuato in tarda serata dalla polizia, però, sarebbero state trovate tracce definite "importanti" per le indagini.

La madre. Sconvolta la madre della ragazza: "Voglio subito giustizia altrimenti me la faccio da sola", ha detto arrivando all'ospedale san Giovanni, dove la figlia veniva visitata e medicata. Il fidanzato ha riportato un trauma a una spalla. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha detto che i violentatori potrebbero essere dei Rom e ha chiesto che "non ci sia nei loro confronti alcuna clemenza o indulgenza".

Le ronde. Stanno pensando a ronde notturne i
residenti del quartiere dove si trova il parco della Caffarella. Stamani, un gruppo di uomini si è ritrovato davanti all'entrata dell'area verde nel quartiere Appio Latino. "Stiamo organizzando una fiaccolata per richiamare l'attenzione del mondo politico e istituzionale verso quest'area abbandonata da anni".
"Abbiamo paura a mandare i nostri nipotini alla scuola vicino al parco - dice una nonna - Li lasciamo davanti all'ingresso e li adiamo a riprendere. Ci sono troppi stranieri e nomadi che ci mettono paura. Poi di sera, quando cala il buio, qui davanti non ci passiamo poco".

MILANO - Una studentessa sudamericana di 21 anni ha subito una violenza sessuale, la scorsa notte, attorno alle 4, da parte di un uomo, che ha descritto come nordafricano. La ragazza di origine boliviana, regolare in Italia, si era recata in una discoteca di Milano e all'uscita, mentre attendeva un amico è stata avvicinata da un uomo che l'ha caricata a forza su una macchina di media cilindrata, l'ha portata in una zona appartata. La studentessa è riuscita poi a uscire dalla macchina, ha chiamato un'amica e ha chiesto aiuto ad alcuni passanti che hanno avvisato il 118 e i carabinieri.

La ragazza ieri notte era andata a ballare con degli amici, italiani e sudamericani, ai Magazzini generali, in una zona non lontana dall'università Bocconi. Alla fine della serata è uscita prima degli altri dal locale e ha preceduto l'amico attendendolo accanto alla sua auto per essere riaccompagnata a casa. A quel punto è stata avvicinata dall'uomo che dopo l'ha violentata.

La violenza, secondo la giovane, si sarebbe consumata a bordo della stessa auto, in un parcheggio prossimo al parco Forlanini, quindi a una certa distanza da locale. La giovane ha detto che, dopo lo stupro, ha convinto il suo aggressore a fermarsi a un chiosco notturno di cibi e bevande. Mentre lui scendeva ha chiamato un'amica al cellulare ("mi hanno violentata, manda qualcuno") poi è scesa a sua volta. L'uomo se ne è accorto, ha intuito che era stato dato l'allarme ed è fuggito prima dell'arrivo dei carabinieri.

Dimessa dalla clinica Mangiagalli, dove è stata ricoverata, la giovane sudamericana non ha subito lesioni gravi ma si trova ancora in stato si shock.

Castrazione chimica, la Lega
lancia una raccolta di firme

L'annuncio arriva dal deputato Matteo Salvini
"Raccogliendo il grido di dolore di moltissima gente del Nord, a breve, al massimo entro il prossimo marzo, i gazebo leghisti saranno presenti in tutta la Lombardia per raccogliere le firme necessarie a sollecitare il Parlamento a discutere immediatamente, e possibilmente, a votare il disegno di legge presentato dalla Lega contro la violenza sessuale". A dichiararlo è il deputato leghista Matteo Salvini.

"Solo intervenendo farmacologicamente agli stupratori potrebbe essere definitivamente impedito di ripetere le loro bestialità", prosegue Salvini. "Siamo sicuri che in un solo fine settimana raccoglieremo il sostegno di questa proposta di legge (che riprende quanto già peraltro in vigore in diversi paesi europei) con centinaia di migliaia di firme".