mercoledì 29 aprile 2009

Meno insetti intorno a Chernobyl

Nella cosiddetta area di esclusione attorno a Chernobyl, che si estende per 30 chilometri di raggi a partire dal sito della vecchia centrale, ci sono forti segnali di un declino delle popolazioni di insetti e aracnidi, che appare correlato ai livelli di radiazione. E' questa la conclusione di uno studio condotto da Timothy Mousseau dell’Università della South Carolina, e da Anders Moller dell’Università di Parigi-Sud appena pubblicata sulla rivista “Biology Letters”.

E' più di un decennio che Mousseau sta studiando la zona di esclusione - ossia l’area contaminata attorno all’impianto che è stata evacuata subito dopo il disastro e che è rimasta praticamente priva di nuovi insediamenti umani – per seguire l’evoluzione delle popolazioni di piante, animali e insetti in quella regione. In pubblicazioni precedenti, i ricercatori avevano già segnalato il fatto come anche bassi livelli di radiazioni presenti nell'area avessero un impatto negativo sulle popolazioni di uccelli.

Lo studio dedicato agli insetti, che è durato tre anni e ha preso in esame 700 siti differenti, ha rilevato una diminuzione anche di quattro ordini di grandezza, che è apparsa correlata all'intensità delle radiazioni anche dopo le correzioni dei dati con un’adeguata ponderazione di altri fattori rilevanti quali la tipologia del suolo, il tipo di habitat o l’altezza della vegetazione.

La ricerca è stata condotta sia con tecniche tradizionali, per esempio il transennamento di aree specifiche e il successivo conteggio degli insetti e degli aracnidi presenti, sia con tecniche che sfruttavano le tecnologie GPS e dosimetri per la misurazione dei livelli di radiazione.

“Abbiamo transennato aree contaminate a Chernobyl, altre aree contaminate in Bielorussia e aree non contaminate”, ha spiegato Mousseau. “Abbiamo trovato così uno schema fondamentale valido per tute le zone: il numero di organismi diminuisce all'aumentare della contaminazione.”

La tecnica del conteggio, per quanto possa sembrare di tipo minimale, si dimostra invece “particolarmente sensibile”, osserva il ricercatore, in quanto permette di rendersi conto dei cambiamenti di struttura e livello di contaminazione nelle diverse aree, e “permette di confrontare aree relativamente pulite con aree più contaminate”.

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