lunedì 2 novembre 2009

Green economy


I cambiamenti climatici e la nostra dipendenza dal petrolio d’importazione sono due problemi che, se lasciati ancora senza risposta, continueranno a indebolire la nostra economia.
Mentre in America si investe nella Green Economy, in Italia il governo Berlusconi parla della costruzione di centrali nucleari.
Vorrei ricordare che l’ultimo reattore nucleare costruito in America risale al 1729, trenta anni fà.
In Francia il nucleare conta il 20 per cento, con costi altissimi dei loro 59 reattori.
Ricordo infine che per costruire una centrale nucleare occorrono dagli 8 – 10 anni di lavoro e che la
Tecnologia proposta si basa su un combustibile, l’uranio appunto, di durata limitata.
Tutti non sanno forse che in Italia nella Bolletta Enel si paga ancora lo smaltimento delle centrali nucleari costruite prima del referendum con un ulteriore aumento negli ultimi anni dei costi, dovuto al prolungamento dei tempi di smaltimento.
L’Italia, tra i grandi Paesi industrializzati, ha scelto di uscire dal nucleare con il referendum del 1987 ma evidentemente, ed i molti incidenti nucleari che si sono succeduti negli ultimi tempi (anche in paesi avanzati come gli Stati Uniti o il Giappone) purtroppo dimostrano che è necessaria oggi più che mai una politica internazionale per l’uscita definitiva dal nucleare, sia civile che militare. L’Italia ha pronunciato un “no” storico al nucleare ma a distanza di quasi 14 anni dal referendum sul nucleare (8 novembre 1987) siamo ancora ben lontani dalla chiusura di quella coda “velenosa” costituita dalla sistemazione delle prodotte nel corso del tempo e dallo smantellamento delle centrali nucleari.
Il nostro territorio è, infatti, cosparso di siti di raccolta e di stoccaggio di scorie e veleni pericolosi, che costituiscono un potenziale di inquinamento che non è più possibile sottovalutare. Basti pensare che nel febbraio del 1998 è iniziata la scarica del “nocciolo” del reattore di Caorso che aveva ancora – dopo più di dieci anni – la sua carica di combustibile: un esperimento unico al mondo, un reattore carico di uranio e posto per così tanto tempo in “sicurezza attiva”, dimenticato un po’ da tutti. Bisogna stabilire delle responsabilità amministrative ed operative per questa situazione, e chiedere con forza che la decisione dei cittadini italiani di vivere lontani da fonti di potenziale inquinamento radioattivo venga rispettata sino in fondo.
C’è da investire pesantemente sulle rinnovabili sole, vento, mare, calore della terra, ben sapendo che, con il progresso tecnologico sarà sempre più efficiente e meno costose (ricordiamo che questo tipo di energie non ha scorie da smaltire).
Bisogna anche investire nell’infrastrutture verdi. Nuove soluzioni di massa, nuovi edifici sostenibili. E soprattutto una nuova rete, elettrica, capace di gestire la distribuzione della corrente in modo da compensare le oscillazioni delle rinnovabili (di notte non c’è sole e anche il vento cala).
L’ingente investimento di aziende e istituzioni nella lotta al global warming fa della green economy uno dei pochi comparti immuni dalla crisi economica degli ultimi anni. I profitti registrati superano addirittura le più rosee aspettative del rapporto Stern che prevedeva un giro d’affari di 530 miliardi entro il 2050. L’economia in verde starebbe galoppando quindi più veloce di quanto faccia il riscaldamento globale.
La buona salute del comparto si può misurare anche grazie alle cifre legate all’occupazione. Gli occupati del settore dal 2004 ad oggi sono più che raddoppiati, passando da 1 milione circa a 2,4.
I dati si riferiscono esclusivamente alle 368 società con capitale superiore ai 350 milioni di dollari seguite dall’indice di HSBC.

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