
La CO2 è sempre CO2, e bisogna calcolarne la quantità totale emessa dal’uomo sin dagli inizi della rivoluzione industriale. L’atmosfera è come un serbatoio di dimensioni limitate, che noi stiamo riempiendo di gas serra: l’importante è il quanto, non il quando, e anche la politica dovrebbe saperlo e comportarsi di conseguenza. E’ questa la proposta avanzata nei giorni scorsi su Nature da ricercatori che analizzano gli effetti dell’anidride carbonica, il maggior responsabile dell’effetto serra e del riscaldamento globale.
I modelli testati dagli scienziati britannici che hanno pubblicato il primo studio sulle emissioni cumulative di CO2 dicono che il momento in cui avvengono le emissioni non è rilevante: l’importante è il totale cumulativo delle emissioni avvenute nel corso di secoli. Per questo non ha senso scegliere politiche per tagliare le emissioni da qui al 2020, o al 2050. Per esempio, mille miliardi di tonnellate di CO2 emesse dal 1750 al 2500 causerebbero un aumento della temperatura di due gradi. Il fatto però è che l’umanità ha già emesso metà di quel totale, e ai ritmi odierni emetterà l’altro mezzo triliardo di tonnellate in meno di 40 anni.
Il secondo studio, questa volta a maggioranza tedesca, si concentra sui metodi per contenere l’aumento di temperatura entro i due gradi da qui al 2100. Il loro modello dice che per raggiungere questo obiettivo non dobbiamo superare gli 0,9 triliardi di tonnellate totali. Purtroppo, un terzo di questa quantità è stato emesso soltanto negli ultimi nove anni.
Gli autori degli studi sostengono che vedere le emissioni come una risorsa esauribile renderà più semplice, per politici ed economisti, affrontare il problema del global warming: "Se bruci una tonnellata di anidride carbonica oggi, non puoi bruciarla domani… hai a disposizione uno stock finito."
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